Crosetto l’allarme per convincere la Lega: Italia non ha difesa

Il Ministro indica in sei anni la parentesi temporale per essere autonomi

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Il Paese non potrebbe respingere un attacco missilistico. La maggioranza resta divisa sul contributo alla Nato e sul ruolo dell'Italia

Guido Crosetto avverte che l’Italia, allo stato attuale, non sarebbe capace di fronteggiare un’aggressione militare diretta. Il riferimento è soprattutto a un eventuale attacco missilistico, simile a quello lanciato dall’Iran contro Israele. Una prospettiva che scuote non solo Roma, ma anche le cancellerie europee e la Nato, già preoccupate dal progressivo indebolimento dell’ombrello americano. Secondo il ministro, occorreranno almeno sei anni per dotare il Paese di un sistema difensivo completo, con il 2031 come anno di svolta. Si tratta di una stima approssimativa ma, nelle sue parole, forse persino ottimistica. L’orizzonte temporale richiesto lascia intendere la portata del divario accumulato negli ultimi decenni e la necessità di un impegno immediato e costante.

Crosetto chiarisce che la sua analisi si riferisce a una difesa esclusivamente nazionale. L’Italia, senza la copertura dell’Alleanza Atlantica, non ha oggi gli strumenti per respingere un’offensiva esterna. La considerazione, pur teorica, evidenzia una fragilità che non può più essere sottovalutata. Il ministro individua nelle minacce provenienti dal cielo il fronte più delicato. I recenti sconfinamenti di droni russi nello spazio aereo polacco hanno dimostrato i limiti dei sistemi convenzionali, incapaci di intercettare simili incursioni. Da qui la proposta di realizzare un modello ispirato all’Iron Dome israeliano, in grado di proteggere città e infrastrutture da missili e velivoli senza pilota. Per raggiungere questo obiettivo, Crosetto invoca un forte aumento delle spese militari, anche attraverso il sostegno dell’Unione Europea. Ritiene fondamentale avviare nuove partnership industriali, comprese quelle con l’Ucraina, per sviluppare sistemi di difesa innovativi come i droni. È una linea che comporta scelte difficili in un contesto di crisi economica e sociale, ma che viene presentata come inevitabile. L’appello del ministro si scontra però con tensioni politiche interne. La Lega continua a minimizzare il rischio rappresentato da Mosca e frena su ogni ipotesi di rafforzamento delle missioni all’estero. Palazzo Chigi, consapevole che un passo indietro indebolirebbe la credibilità italiana nella Nato, valuta in queste ore se incrementare il contributo alla missione “Sentinella Orientale”. Giorgia Meloni teme che la scelta, pur coerente con la linea atlantica, possa aprire nuove crepe all’interno della coalizione di governo.