L'inutile telefonata con Trump, le richieste di Putin: ci proverà il Papa

La conversazione tra i presidenti si è svolta in tono acceso ma senza intese concrete

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Putin ha opposto il rifiuto, subordinandolo a concessioni da parte ucraina. La Russia, tra entusiasmo retorico e stanchezza reale, resta in attesa di un confronto trilaterale

Un dialogo che non cambia nulla. Durante il colloquio tra Vladimir Putin e Donald Trump, Mosca ha voluto mostrare normalità: il presidente russo ha infatti partecipato alla telefonata da Sochi, mentre era impegnato in attività ufficiali presso la scuola Sirius. Una scelta comunicativa mirata a sminuire il peso dell’incontro, trasmettendo il messaggio che le sorti del conflitto ucraino non dipendono più da Washington.

Le aspettative disattese: pace ancora lontana

L'annuncio dell'incontro non ha suscitato particolari speranze. Il colloquio, definito da Putin “intenso e franco”, è stato interpretato da osservatori vicini al Cremlino come la conferma di una profonda divergenza di vedute. Secondo l’ex consigliere presidenziale Sergey Markov, Trump avrebbe insistito per una tregua immediata, ma il capo del Cremlino ha respinto la proposta, precisando che ogni cessate il fuoco deve seguire un'intesa più ampia, non precederla.

Il consenso interno: tra falchi in festa e falchi stanchi

Mentre il filosofo ultranazionalista Aleksandr Dugin esprimeva soddisfazione per la mancata apertura, insistendo sulla necessità di una vittoria militare russa prima di ogni trattativa, altri falchi russi mostrano segni di fatica. Lo stesso Markov ha ammesso il crescente malcontento anche tra i sostenitori più convinti dell’attuale linea politica.

Verso nuovi scenari: gli USA ancora in campo

Secondo il consigliere Yuri Ushakov, il colloquio ha avuto toni cordiali ma si è poi concentrato sulla questione cruciale: la guerra in Ucraina. Da Mosca si ribadisce che solo un processo negoziale che coinvolga direttamente gli Stati Uniti potrà condurre a risultati. L’ipotesi di un incontro trilaterale con Zelensky prende corpo, pur restando subordinata alla volontà politica delle parti.

Le condizioni russe: cause strutturali prima della pace

La Russia ha ribadito che ogni dialogo dovrà affrontare le cause profonde del conflitto, che, secondo il Cremlino, derivano dall’atteggiamento dell’Occidente. Mosca ha chiesto che queste siano discusse direttamente con Washington. Trump, dal canto suo, avrebbe cercato un’apertura, ma Putin ha confermato che senza concessioni ucraine non ci sarà tregua. Il colloquio ha lasciato intatte le posizioni iniziali, ma ha confermato l’interesse di entrambe le parti a mantenere canali di comunicazione aperti.

L’annuncio che cambia il volto della diplomazia

Un segnale forte dalla diplomazia internazionale: il prossimo incontro per il cessate il fuoco in Ucraina potrebbe svolgersi proprio in Vaticano. Dopo la fase turca delle trattative, culminata con il round di colloqui a Istanbul, le delegazioni di Mosca e Kiev potrebbero trovarsi ora al centro della cristianità per riprendere un filo di dialogo interrotto da tempo.

Il ruolo della Santa Sede

La scelta della Santa Sede non è casuale. Da sempre, il Vaticano rappresenta un luogo di neutralità riconosciuta, oltre che un riferimento morale per milioni di credenti e non solo. In un conflitto che ha prodotto decine di migliaia di vittime e milioni di profughi, la voce del Papa – costantemente impegnata nel richiamo alla pace – è una delle poche rimaste ascoltate da entrambe le parti.

Da Istanbul a Roma: la svolta

Fonti diplomatiche internazionali, al termine di una girandola di contatti e telefonate tra leader mondiali, indicano come altamente probabile la scelta di Roma per il nuovo round di negoziati. Ma non una Roma qualsiasi: la cornice sarebbe quella di Piazza San Pietro, sotto l’egida della diplomazia vaticana, per un confronto che intende mettere al centro le persone prima delle bandiere.