Cosa sono gli Accordi di Abramo, la pace parallela scavalcando Hamas

Israele e i nuovi emirati: così il Medio Oriente scavalca la Palestina

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Dalla Cisgiordania a Washington, il piano alternativo al fallimento della soluzione a due Stati. Netanyahu da Trump per rilanciare l'intesa tra Israele e il mondo arabo sunnita

Un’alleanza che cambierebbe la storia. Gli Accordi di Abramo, siglati nel 2020 sotto l’impulso dell’amministrazione Trump, rappresentano un nuovo paradigma nel processo di pace mediorientale. Stati come Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan hanno normalizzato i rapporti diplomatici con Israele, rompendo un tabù che sembrava intoccabile: il legame tra pace e creazione di uno Stato palestinese. Questi accordi saltano a piè pari la questione palestinese e costruiscono una pace “funzionale”, basata su interessi economici, strategici e di sicurezza, tra Israele e le monarchie sunnite che condividono la minaccia percepita dell’Iran sciita.

L’alternativa alla soluzione dei due Stati

Con il negoziato israelo-palestinese paralizzato da oltre un decennio e con Gaza sotto le macerie, la prospettiva di due Stati è vista da molti attori come morta. Gli Accordi di Abramo offrono una via alternativa: non la creazione simultanea di uno Stato palestinese e la pace con Israele, ma il riconoscimento arabo in cambio di cooperazione economica e protezione contro Teheran. Una soluzione pericolosa secondo i critici, perché lascia la Palestina fuori da ogni tavolo decisionale. Eppure, per chi considera Hamas e la Jihad islamica come ostacoli insormontabili, il modello Abraham è l’unica pace realistica.

Gli sceicchi di Hebron e il piano dell’emirato

Secondo il Wall Street Journal, cinque sceicchi di Hebron – una delle aree più conservatrici della Cisgiordania – hanno inviato una lettera al governo israeliano esprimendo il desiderio di fondare un emirato locale, autonomo dall’Autorità Nazionale Palestinese e affiliato agli Accordi di Abramo. Un riconoscimento esplicito dello Stato ebraico in cambio della legittimazione del loro dominio sulla popolazione araba locale. La proposta ha sollevato l’interesse di Washington e il plauso ufficioso di ambienti vicini a Netanyahu. Per Israele, è la prova che la narrazione dell’unità palestinese si sta sgretolando.

Netanyahu vola da Trump, con l’Accordo nel bagaglio

Domani Benjamin Netanyahu incontrerà Donald Trump alla Casa Bianca. L’ufficio del presidente israeliano Herzog ha confermato che uno degli obiettivi del viaggio è proprio il rilancio degli Accordi di Abramo, nel quadro di una “nuova architettura regionale” che possa ridisegnare gli equilibri post-guerra. Con Hamas forse pronto al compromesso, ma Hezbollah e Iran ancora in fiamme, Israele sembra puntare tutto su un futuro senza Stato palestinese, ma con tanti micro-emirati “domesticati”.

Gli ostacoli: Gaza, Hezbollah e le piazze arabe

Nonostante le aperture da Doha e le trattative in corso per un cessate il fuoco di 60 giorni, Hamas continua a chiedere il ritiro israeliano da Gaza e garanzie per la popolazione civile. Hezbollah, dal Libano, ha già fatto sapere che non accetterà alcuna resa e manterrà le armi. Anche l’Iran, con Khamenei riapparso in pubblico, resta una variabile imprevedibile. E nelle piazze arabe, l’opinione pubblica resta solidale con la causa palestinese, pronta a reagire a qualsiasi normalizzazione vissuta come un tradimento.

Una pace senza Palestina?

La domanda che inquieta gli analisti è semplice: si può davvero costruire una pace duratura escludendo i palestinesi? Gli Accordi di Abramo, pur rappresentando un successo diplomatico indiscutibile, rischiano di essere una pace fragile, legata più a calcoli tattici che a una vera riconciliazione. Ma mentre Gaza brucia e l’Occidente guarda altrove, sempre più Paesi arabi sembrano disposti ad abbracciare il realismo geopolitico: meglio un’intesa con Israele che il caos perpetuo del conflitto.