L’esercito israeliano ha portato un gruppo di giornalisti all’interno di un tunnel a Rafah, città del sud di Gaza conquistata e in gran parte rasa al suolo nella grande offensiva dell’anno scorso. L’accesso, controllato e limitato, rappresenta una delle rarissime visite consentite ai media stranieri dall’inizio del conflitto. Gli inviati hanno percorso corridoi angusti, illuminati da torce e segnati da materassi, plastica schiacciata e calcinacci, testimonianza di una lunga permanenza sotterranea. I militari descrivono la struttura come una delle più importanti e complesse della rete sotterranea costruita da Hamas negli anni, un asse che collegherebbe diverse aree della Striscia e che sarebbe stato utilizzato da comandanti di primo piano. Nel tunnel, affermano le autorità israeliane, era stato nascosto anche il corpo del soldato Hadar Goldin, restituito lo scorso mese come parte degli accordi sul cessate il fuoco.
Rafah, una città fantasma
All’esterno la situazione non appare meno drammatica. Rafah, un tempo rifugio per migliaia di sfollati provenienti dal resto di Gaza, si presenta oggi come un agglomerato di rovine. Le strade sono costeggiate da cumuli di cemento, cavi penzolanti e lamiere contorte. Gran parte delle abitazioni sopravvissute ai bombardamenti sono state demolite quest’anno durante la fase di consolidamento del controllo israeliano sulla zona. Rimane sigillato anche il valico di Rafah, unico sbocco verso l’esterno non controllato da Israele prima della guerra. Tel Aviv ha annunciato di essere pronta a riaprirlo solo in uscita, per permettere ai palestinesi di lasciare la Striscia. Una prospettiva che suscita timori profondi: molti palestinesi e le autorità egiziane temono che chi esce non possa più fare ritorno.
Cessate il fuoco sospeso a un filo
Il cessate il fuoco, attivo da due mesi, è vicino al completamento della sua prima fase, quella che prevede lo scambio di ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi. All’appello manca il corpo di un solo ostaggio. La seconda fase, avvertono i mediatori, sarà molto più complessa: sul tavolo ci sono il disarmo di Hamas e il possibile ritiro israeliano da parte della Striscia. Israele mantiene ancora il controllo di oltre metà del territorio. Secondo il ministero della Sanità di Gaza, che opera sotto l’amministrazione di Hamas, più di 70.000 palestinesi sono stati uccisi dall’inizio della guerra. La metà delle vittime, sostengono le autorità locali, sarebbero donne e bambini. Durante il cessate il fuoco, riferiscono fonti palestinesi, si sono comunque registrate centinaia di morti in seguito a raid israeliani che Tel Aviv attribuisce a violazioni di Hamas.
Il futuro dei tunnel e della tregua
L’esercito non ha ancora deciso la sorte del tunnel mostrato ai giornalisti. Tra le ipotesi, sigillarlo con calcestruzzo, distruggerlo o preservarlo per fini di intelligence. Intanto si moltiplicano gli scontri sotterranei: tre soldati israeliani sono stati uccisi da unità di Hamas ancora attive nelle zone occupate. Il quadro rimane incerto. Con il premier israeliano atteso a Washington per discutere la fase successiva della tregua, il destino dei tunnel di Hamas e quello della popolazione di Gaza restano sospesi, tra diplomazia fragile e tensioni ancora incandescenti.
