Gaza, strage tra chi aspetta il pane: morti in 73, molti bambini

La disperazione umana travolta dal fuoco dall'esercito israeliano che non ha più freni

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Il Papa: «La barbarie si fermi». Netanyahu rinvia la testimonianza nel processo per corruzione per motivi di salute

Non avevano armi, non avevano scudi. Avevano fame. Almeno settantatré palestinesi sono stati uccisi a Gaza mentre aspettavano l’arrivo di aiuti umanitari. È accaduto ancora: uomini, donne, bambini in fila per un sacco di farina o una tanica d’acqua, colpiti da un bombardamento a ridosso dei punti di distribuzione. Secondo le fonti ospedaliere della Striscia, il bilancio è provvisorio e potrebbe salire. Le vittime sono civili, non miliziani. La zona era indicata come sicura, ma nulla è più sicuro in una terra affamata e assediata.

Il grido del Papa: «Questa barbarie si fermi»

Da Castel Gandolfo, durante l’Angelus domenicale, Papa Francesco ha levato un grido di dolore: «Basta con la barbarie. Fermiamo l’orrore». Il Pontefice ha denunciato con fermezza le condizioni disumane in cui vive la popolazione civile di Gaza, definendo «inaccettabile» l’uso della fame come arma di guerra. Ha poi ricordato con commozione le vittime dell’attacco alla chiesa della Sacra Famiglia, dove è morto anche il parroco padre Romanelli. «I luoghi sacri devono essere rispettati. Le persone devono essere protette, non cacciate o uccise», ha detto il Papa, rivolgendosi alla coscienza della comunità internazionale.

Il premier Netanyahu non si presenta in aula

In un clima già carico di tensioni, arriva anche la notizia dell’assenza del premier israeliano Benjamin Netanyahu al processo in cui è imputato per corruzione, frode e abuso di potere. Avrebbe dovuto testimoniare questa settimana, ma un’improvvisa intossicazione alimentare lo ha costretto a rinviare l’udienza. I medici parlano di una forte gastroenterite, che lo avrebbe debilitato al punto da impedirgli la comparizione in tribunale. Una pausa forzata che coincide con un momento cruciale sia sul fronte giudiziario che militare.

Fame come arma di guerra

Secondo fonti dell’UNRWA, le scorte alimentari in molte aree di Gaza sono esaurite da giorni. Le organizzazioni umanitarie denunciano la sistematica impossibilità di far entrare i convogli, a causa di blocchi e bombardamenti. Il diritto internazionale vieta esplicitamente l’utilizzo della fame come strumento bellico, ma nella Striscia si sta consumando una catastrofe umanitaria senza precedenti. La popolazione civile è allo stremo: si contano almeno un milione e mezzo di persone in condizioni di insicurezza alimentare acuta.

Silenzio internazionale e promesse disattese

Nonostante gli appelli ripetuti delle Nazioni Unite, del Vaticano e di numerosi Paesi terzi, la situazione continua a peggiorare. I corridoi umanitari annunciati restano lettera morta, mentre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si mostra ancora una volta paralizzato da veti incrociati. Intanto, le organizzazioni non governative denunciano l'impossibilità di intervenire in modo efficace. «I nostri operatori rischiano la vita per consegnare un pacco di pasta. Non si può parlare di aiuti, qui si muore per una bottiglia d’acqua», racconta un responsabile locale di una ong mediorientale.

Un bilancio di morte e paura

Dall’inizio dell’offensiva, oltre 38 mila palestinesi hanno perso la vita, più della metà dei quali donne e bambini. Migliaia di edifici sono stati rasi al suolo. Gli ospedali non funzionano più, le scuole sono diventate rifugi, i rifugi sono diventati tombe. E in tutto questo, la voce delle madri, dei padri, dei sopravvissuti resta inascoltata. Gaza continua a bruciare, sotto le bombe e sotto il peso dell’indifferenza.