Medici in croce o medici in crocette? Questo il dilemma

La polemica sull'esame a quiz di microbiologia e la formazione della nuova classe di medici

medici in croce o medici in crocette questo il dilemma
Napoli.  

di Gerardo Casucci

Mi sono imbattuto, confesso neanche tanto casualmente, in un articolo di Ferruccio Pinotti apparso sul Corriere della Sera qualche giorno fa in merito a una polemica - un boutade era molto poco probabile - messa su da una studentessa della facoltà di medicina del San Raffaele di Milano sul test di accesso all'esame di microbiologia.

La storia è facilmente narrata. La valutazione, definita "di base" dai somministratori, propedeutica all'esame vero e proprio a quiz, consisteva in otto domande a risposta multipla. Per sostenere la prova conclusiva, per la quale si partiva poi da zero, era necessario rispondere correttamente a tutte - ripeto a tutte - le domande del questionario e senza tentennamento alcuno, cioè erano considerate sbagliate anche quelle in parte giuste o quelle "errate per ridondanza" (indovinata/e quella/e buone, ma aggiunta una inesatta).

Ebbene si sono presentati al famigerato test in 408, superandolo in 10, che in termini percentuali corrisponde al 2.45%. La suddetta studentessa ha postato un video su Tik Tok, studenti e famiglie sono insorti, mentre i vertici universitari (la "governance" come sono soliti chiamarli i laureandi) hanno assunto un atteggiamento nient'affatto comprensivo con la delatrice - denunciata per aver trasgredito il regolamento interno di quell'ateneo - e olimpicamente pilatesco verso il loro dipendente. Tutto sarebbe finito lì, con la solita quadriglia social di colpevolisti e innocentisti, rigorosi e permissivi, e, perfino, fascisti e comunisti, se non fosse che il titolare di cattedra della materia in questione - l'ideatore di tutto ciò - era niente di meno che il  professor Roberto Burioni, scienziato noto in Italia e nel mondo per i suoi meriti di ricercatore e grande divulgatore di argomenti scientifici, anche di quelli molto complessi e ostici.

Certo la sua popolarità è cresciuta a dismisura con la pandemia da Sars-Cov-2, ma se leggete il suo curriculum siate certi che ne potrete cogliere facilmente le stimmate del predestinato in una serie infinita di interventi pubblici a favore della corretta informazione medica (in particolare a difesa delle strategie vaccinali) ben prima di quel cataclismatico evento.

Ma il problema nella contingenza specifica che ha dato spunto a questo articolo non riguardava le sue indubbie capacità come studioso e narratore televisivo, bensì l'anomalia di uno "sbarramento" tanto doloso e mortificante, oltretutto per una platea così vasta di studenti, da far sorgere il dubbio che più che volerne "saggiare" le conoscenze "di base" se ne volesse "filtrare", o meglio "ostacolare" il più possibile l'accesso all'esame in questione. Un problema dai risvolti giuridici non minori in quanto, uniformando il meglio al peggio, creava un pericoloso presupposto di incostituzionalità, impedendo di fatto allo studente di esercitare il suo legittimo diritto allo studio di cui l'esame ne è parte pregnante.

Dieci su 408 racconta, inoltre, più che di una diffusa ignoranza dei medici di domani (poveri noi se fosse così!), un grave disturbo del nostro sistema formativo universitario che, di fronte alle "invasioni barbariche" studentesche, soprattutto se operate in realtà forse non pronte a sostenerle, preferisce una inflessibilità spiccia a un laborioso e illuminante percorso istruttivo. Qualcuno si interroghi su ciò, in particolare ora che siamo in vista della probabile abolizione del numero chiuso a medicina. Se il San Raffaele ha accresciuto in pochi anni le sue costose immatricolazioni di otto volte, la colpa non può ricadere certo sugli studenti.

Lo scopo di una università, oggi ancor più di ieri, è dare gli strumenti nozionistici, umani e morali per far crescere una classe di laureati degni del terzo millennio e dubito che un test pre- esame a risposta multipla guizzante (15 minuti in tutto per compilarlo) e con un criterio di superamento pari al 100% delle risposte corrette, sia uno strumento adatto a questo scopo.

A dirla tutta non mi sembra lo siano in genere gli esami a quiz, di cui ormai sono infarcite le università mediche sia pubbliche che private, che per risolvere il problema attuale e serio dei "medici in croce" ci consegneranno una intera classe di "medici in crocette", lontani dai pazienti e dalle loro malattie, altro che dalle "conoscenze di base" della microbiologia. Infine, ai docenti, che si compiacciono del risultato ferale ottenuto con selezioni di questo tipo e liquidano le loro scelte con spocchiose dichiarazioni, ricordo che chi boccia tanto boccia sé stesso, perchè, come mi ha insegnato chi mi ha con grande valore formato, quello tra chi insegna e chi apprende è un "rapporto circolare", ognuno dà all'altro quanto riceve e il miglior maestro è quello più degno dei suoi studenti. E lo dice uno che ha vissuto una università affollatissima e lontana anni luce da ogni genere di quiz e dalle sue perverse conseguenze, dove il valore di una docenza si misurava ancora sul pregio delle lezioni e sulla rigorosa - per quanto personale - "humanitas" delle prove orali.