L’inquinamento provocato dalle navi nei porti italiani è sempre più un tema caldissimo. Da Napoli a Trieste, comitati cittadini e Ong denunciano da anni sforamenti dei limiti e sottovalutazioni dei rischi per la salute. A Napoli, la Procura e la Capitaneria hanno avviato un’inchiesta dopo le segnalazioni dei residenti, ma la questione è nazionale: secondo gli esperti, i fumi delle navi causano centinaia di morti premature ogni anno. Eppure, le soluzioni ci sarebbero.
Il caso Napoli
Il caso di Napoli è solo l’ultimo di una lunga serie. A maggio, l’Ong Cittadini per l’Aria aveva già segnalato livelli allarmanti di inquinamento nel porto partenopeo, ma le proteste dei residenti sono rimaste inascoltate. "Era sotto gli occhi di tutti – dice Gennaro Esposito, presidente del Comitato vivibilità cittadina –, è inspiegabile come non siano intervenuti prima.
"Napoli per l’inquinamento da mezzi di trasporto, aerei e navi, è particolarmente esposta, ma di ciò non si deve parlare perché c’è l’economia che deve prevalere. Io, invece, credo fermamente che la politica attraverso le istituzioni debba intervenire per garantire la tutela del diritto alla Salute ed all’ambiente, facendo sì che lo sfruttamento economico, così come recita l’art. 42 della Costituzione, non pregiudichi i diritti umani. In Italia manca purtroppo un vero e proprio partito Ambientalista che metta l’ambiente e gli esseri viventi avanti agli interessi economici. Spero che prima o poi nasca una nuova consapevolezza nella cittadinanza ormai l’ambiente già ci sta chiedendo il pagamento di un prezzo salatissimo in termini di vite umane" cocnlude il consigliere comunale.
Il problema riguarda soprattutto le sostanze emesse dai carburanti navali: biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri sottili, che si disperdono nell’aria e nell’acqua. L’Unione Europea ha fissato nel 2020 un limite dello 0,5% di zolfo nei carburanti, ma molte compagnie hanno aggirato la norma installando gli scrubber, filtri che riducono le emissioni in aria ma scaricano sostanze tossiche in mare. Metalli pesanti, idrocarburi, black carbon. In alcuni Paesi sono già vietati, ma in Italia no.
Il governo Meloni ha respinto la richiesta di bandirli, sostenendo che penalizzerebbe gli armatori più virtuosi. Una scelta che, secondo gli attivisti, antepone gli interessi economici alla salute pubblica.
L’elettrificazione delle banchine e il passaggio a carburanti più puliti sono soluzioni possibili, ma costose. E mentre la politica discute, i porti continuano a emettere veleni.
