Tre vite spezzate in pochi istanti, nel cuore di una mattina d’estate che avrebbe dovuto essere di normale lavoro in un cantiere. Invece si è trasformata in tragedia. Ciro Pierro, 62 anni, di Calvizzano; Luigi Romano, 67 anni, di Arzano; e Vincenzo Del Grosso, 54 anni, di Napoli, sono morti precipitando da un’altezza di circa venti metri dopo il ribaltamento del montacarichi su cui stavano lavorando. È accaduto poco prima delle 9.40 in via San Giacomo dei Capri, nel quartiere Vomero, a Napoli.
I tre operai stavano partecipando alla ristrutturazione del tetto di un edificio di sei piani. Secondo una prima ricostruzione, ancora al vaglio degli inquirenti, si trovavano su un montacarichi con cestello metallico utilizzato per il trasporto di materiali e persone ai piani superiori. All’improvviso, il montacarichi si sarebbe inclinato e poi ribaltato, facendo precipitare i tre uomini nel vuoto. Le cause sarebbero da ricondurre, secondo i primi rilievi tecnici, a un cedimento strutturale del mezzo. Un collasso improvviso, forse dovuto a un guasto o a un errore nella manutenzione. Ma saranno le indagini a stabilire la verità.
Subito dopo l’incidente, sul posto sono accorsi i vigili del fuoco, gli agenti della Polizia di Stato e il personale del 118. I soccorritori hanno trovato i tre operai già privi di vita. Per loro non c’è stato nulla da fare. La morte è stata constatata sul posto dai sanitari. Sotto choc gli altri lavoratori presenti nel cantiere e i residenti della zona, accorsi in strada dopo aver sentito il rumore della caduta e le urla.
L’impatto emotivo della tragedia ha scosso profondamente la città. La Procura di Napoli ha immediatamente aperto un’inchiesta per accertare le cause dell’incidente e verificare eventuali responsabilità, in particolare in relazione alla sicurezza sul lavoro. I magistrati hanno disposto il sequestro dell’intera area del cantiere e del montacarichi, mentre sono già stati ascoltati i primi testimoni, tra cui colleghi delle vittime e responsabili della ditta edile per cui lavoravano i tre operai. Al vaglio anche la documentazione sulla manutenzione del macchinario e sulle autorizzazioni dell’intervento in corso.
Il cordoglio e l’indignazione
“Questo terribile evento non deve essere solo motivo di dolore, ma anche di indignazione e di coraggio per dire 'basta'”, ha dichiarato l’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia. “È inaccettabile morire non ‘sul’ lavoro, ma ‘di’ lavoro. Il lavoro non può diventare una condanna, un pericolo mortale. E che nessuno le chiami più ‘morti bianche’, perché sporcano le nostre coscienze”.
Un dolore che si è esteso alle comunità di provenienza delle vittime, a partire da Calvizzano, il paese di Ciro Pierro. Il sindaco Giacomo Pirozzi ha espresso il cordoglio dell’intera cittadinanza: “La notizia della tragica morte di tre operai, tra cui il nostro concittadino, ha scosso profondamente la nostra comunità. A nome mio, dell’Amministrazione e di tutta Calvizzano, esprimo il più profondo cordoglio e vicinanza ai familiari di Ciro Pierro e delle altre vittime. È inaccettabile che nel 2025 si continui a morire così, a causa di cedimenti strutturali o per la mancata adozione di adeguate misure di sicurezza”.
Il Comune ha annunciato che sarà proclamato il lutto cittadino nel giorno dei funerali di Pierro. “Lo ricorderemo con rispetto e dignità, e con l’impegno a tenere alta l’attenzione sulla sicurezza sul lavoro, una battaglia che riguarda la vita di migliaia di persone ogni giorno”.
L’ennesima tragedia sul lavoro
Quella di Napoli è l’ennesima tragedia in un Paese che continua a fare i conti con la piaga delle morti sul lavoro. Secondo i dati INAIL, nel 2024 si sono registrate in Italia oltre 500 vittime da inizio anno. Un bollettino che si aggiorna ogni settimana, spesso nell’indifferenza generale, e che riguarda non solo operai e cantieri, ma tutti i comparti, dai trasporti all’agricoltura, dai servizi all’industria.
“Morire di lavoro è una sconfitta dello Stato e della società”, ha detto Giuseppe Mele, rappresentante sindacale della Fillea CGIL, presente oggi fuori dal cantiere transennato. “Serve un cambio di passo radicale: formazione, controlli, responsabilità chiare e certe”.
