IL PIZZONE di Gerardo Casucci: L'amore immeritato

Le dichiarazioni di Spalletti dimostrano che non era meritato l'amore dei tifosi azzurri...

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Napoli.  

Luciano Spalletti ha una rara capacità di non far capire a nessuno - forse perfino a sé stesso -  quello che dice. Nel prepartita di Juventus-Cagliari ha dichiarato a Dazn: "Non sarei venuto qui, non mi interessava altrimenti avere altri tre mesi di lavoro: non è un contratto, ma i risultati e ora il riferimento è di fare risultato anche in Serie A".

È implicito che ho grande stima di lui, e pure affetto (lo stanno a dimostrare i tanti pezzi che ho scritto a suo favore, prima, durante e dopo la vittoria del terzo scudetto azzurro), ma questo non muta la mia idea che sia un uomo bizzarro e spesso contraddittorio, e che in questo pot-pourrì di idee (anche geniali), ossessioni, passioni e schiribizzi lui un po' ci sguazzi, ma un po' anche ci sia (strano). Resta il dato che non ha fatto alcun accenno - e perché avrebbe dovuto farlo proprio in quel contesto, ex napoletani o meno presenti nella squadra avversaria - al Napoli, al tatuaggio dell'amore eterno, alla cittadinanza partenopea e alla promessa che non avrebbe allenato altra squadra in Italia.

Del resto se finiscono i matrimoni, dove i legami sono ben più profondi e duraturi (figli o non figli), e contravvengono a molte promesse le coppie, perché non dovrebbe accadere al banale, ridondante e inflazionato calcio, dove prima di tutto vengono i soldi, l'interesse e il protagonismo personale di tutte le parti in gioco, nessuna esclusa, e solo dopo, molto dopo - quando tutto va bene - i principi sportivi di devozione e lealtà.

Allora che volete che conti una dichiarazione più o meno oscura oppure - quando va male - decisamente insulsa, se non palesemente stupida e irriconoscente. Ne cito un paio a caso.

La prima: "Il sangue per le analisi me lo sono fatto tirare sull'altro braccio perché di qua (il braccio col tatuaggio dello scudetto, n.d.r.) volevo che non si toccasse".

La seconda (e anche la peggiore): "Sulla fine di quel rapporto col Napoli, secondo cui dissi che non mi sarei messo nessun'altra tuta, riguardava quella stagione. In quell'annata non avrei messo una tuta di un'altra squadra, poi è ovvio che si potevano avere altre possibilià vincendo lo Scudetto".

Per concludere: "Non è che sono stato un anno lì e debba smettere di fare l'allenatore, poi dovevo rispettare il Napoli e la città per il discorso dell'opzione, ma dopo è ovvio andare a fare altre esperienze. Questa cosa che qualcuno prende certe cose per attaccare, sappia che decontestualizza la realtà e si capiscono le intenzioni di chi lo fa". Quando l'amore di un popolo è del tutto immeritato.