IL PIZZONE di Gerardo Casucci: In cerca di nuove emozioni

A Udine scelte tecniche discutibili e uno spirito di gruppo sparito...

il pizzone di gerardo casucci in cerca di nuove emozioni
Napoli.  

Milinkovic-Savic; Beukema, Rrahmani, Buongiorno; Di Lorenzo, Elmas, McTominay, Spinazzola; Neres, Lang; Hojlund. A disposizione: Contini, Ferrante, Gutierrez, Olivera, Politano, Lobotka, Vergara, Lucca, Mazzocchi, Marianucci, Ambrosino. Questo il Napoli di Udine tra ben note avanguardie e solite retroguardie. Qualcosa di nuovo, però, c'era: il (falso) quarto di centrocampo, quel Leonardo Spinazzola tanto abiurato quanto desiderato, l'uomo in più anche in assenza di una specifica necessità, l'uomo della provvidenza, sempre e comunque.

Ci si chiedeva cosa avesse fatto Mathías Olivera per meritare l'esclusione - assumendo che fosse tale - o piuttosto non fosse un ordinario ricambio per chi aveva "tirato la carretta" ben oltre il dovuto, per forze fisiche e mentali, e pure in una congiuntura molto delicata e complessa per tutta la SSC Napoli. Altra annotazione sulla formazione partenopea iniziale: Eljif Elmas, il peggiore di Lisbona, riproposto come metodista (o incursore, qualora ci riuscisse), lo Stanislav Lobotka de noantri, che cercava un ipotetico riscatto o la dimostrazione della sua totale e definitiva inadeguatezza all'abito che "qualcuno" voleva a tutti i costi fargli indossare, nonostante avesse a disposizione tal Antonio Vergara, 22enne talento naturale da Frattaminore, molto più adatto del macedone - a dispetto di quel che dicono in molti, compreso il mio amico Enrico Fedele - a sostituire l'insostituibile giocatore slovacco.

Ora, le cose erano due: o Elmas tirava fuori una prestazione talmente straordinaria e convincente da sconfessare tutti quei supponenti e onniscienti commentatori sportivi - di cui il sottoscritto faceva (temo con ampio merito) parte - oppure tutti si sarebbero accodati alla minoranza dubbiosa, e avrebbero rivendicato l'appartenenza da sempre alla seconda schiera. Ovviamente io speravo nella eventualità migliore per i colori azzurri. Comunque il problema - ben evidente a tutti - non era questo o quel calciatore, ma piuttosto lo spirito di gruppo, la voglia di essere protagonisti piuttosto che comparse, comprimari di  una storia che poteva essere gloriosa oppure un bel niente.

Alle 15.00 in punto, perciò, quando le squadre davano il via alle ostilità, tutti gli occhi erano puntati più sui sogni che sui fatti. Eggià, perché di quelli è fatto il calcio: immaginare per essere, ardire per appartenere. In mancanza di ciò, sia chi gioca che chi tifa perde la sua ragion d'essere, e ogni sport va bene per scaldare un cuore in cerca di nuove emozioni.