Diario di un terrone fuori sede. Rivincita sudista

?Esami, studio e filosofia. La verità del vino meridionale. Quando il sud trionfa. In cucina.

Pranzare alle dodici e cenare alle diciotto. Sembra una sconfitta meridionale. Ma il riscatto e dietro l'angolo, condito dalle ricette morali del nonno.

di Pasquale Cuomo

Finito il vino.
Può sembrare una frase fuori contesto e insensata, ma c’è una ragione profonda. Gli esami si avvicinano.
Fin dal liceo sentivo dire da chi era all’università questa parola che aveva in sé un’aria tenebrosa e agghiacciante: “sessione”. Non davo troppo peso alla parola, “che sarà mai – dicevo- anche io faccio le verifiche”. Stolto. Per preparare bene una sessione il terrone fuori sede deve diventare un po’ meno terrone e molto più fuori sede. La settimana che sto per raccontare la chiameremo “Gruppo studio e ansie fantastiche.” L’11 dicembre c’è il primo esame importante, lo scritto di filosofia morale, 12 cfu e tante aspettative. Cosa fare allora per superare il tuo primo esame?
La ricetta di Francesco, friulano di Pordenone è la seguente: “studi, mangi, ci credi fino in fondo e poi taac il trenta”. Mi permetto di fare alcune rettifiche.

Studi
“Signorina, scriva bene che se no panico!” Ma il panico c’era già, ed eravamo solo a Platone e questo vuol dire che avevamo appena iniziato a ripassare e a fare degli schemi, dei tragici schemi. Tragici perché la nostra adorata amanuense (vi giuro, la sua grafia non sembra reale per quanto è perfetta) ha avuto la brillante idea di cancellare lo schema appena fatto con tanta fatica, urla e insulti al povero Platone. Ho sentito salire di nuovo la febbre che mi era appena passata. Superato questo primo momento di smarrimento ne sono arrivati degli altri tipo “Ma sì, San Tommaso è un Sant’Agostino a cui piaceva Aristotele”. Vi risparmio Aristotele, non succede nulla di bello con Aristotele e francamente ne ho piene le scarpe di lui, sul serio il nostro gruppo di whatsapp si chiama “Aristotele + prassi= merda”, un motivo ci sarà. Basta.

La prima giornata di gruppo studio finisce così, dopo aver parlato di Socrate, Platone, Aristotele e dell’annosa questione “I medicinali vanno presi a stomaco pieno o vuoto?”. Attendiamo con ansia risposta e nel dubbio una laurea in medicina. Se ve lo steste chiedendo: sì, quello che doveva prendere le medicine ero io. Per quanto riguarda lo studio individuale c’è ben poco da dire: ho l’ansia e il sedere ha assunto la forma della sedia della biblioteca. Però è quell’ansia positiva che ti spinge a stare sulla sedia, a farti piacere pure i filosofi santi, che non sono male e con una lunga serie di “Pause sigaretta” si riesce a mandarli giù. Quindi caro amico di Pordenone per quanto riguarda la fase dello studio la rettifica meridionale è “Studi, ma con calma che se no panico”. L’ultima parte della frase è gentilmente offerta da Giovanni, uomo barbuto e marchigiano e siccome le Marche sono una regione simpatica concederemo anche a lui lo status di terrone.
Ora perché dovrebbe essere importante la fase “Studi”? Certo ai fini dell’esame è fondamentale, non si discute e giuro che la sto rispettando (Questo lo scriviamo così mamma sta tranquilla), ma è ancora più importante perché dopo “studi” c’è “mangi”.

Mangi
Cosa succede quando un gruppo di individui in ansia, alle prese con questa nuova esperienza inizia ad aver fame? Va a bere il vin brulè, ecco cosa fa. Ve l’ho detto che si diventa meno terroni e più fuori sede, ma non è solo questo il motivo. La sessione ti toglie anche le cose più care, come mangiare all’unal’una e mezza. Signori, senza troppi giri di parole: a mezzogiorno meno un quarto ero seduto in mensa con il piatto davanti e alla mia faccia scioccata mi è stato risposto “Stasera allora si cena alle diciotto e trenta”. Una parte di me è morta in quel momento e a ben guardare credo sia quella che distingueva il giorno e la notte.

Questa volta, però, il sud ha vinto e nella fase “mangi” mi sono ripreso la rivincita sul trentino e il nord tutto. Tre gli ingredienti fondamentali: “O surdat nnamurat”, si la canzone, saper cucinare e il vino di nonno (lo trovi nel pacco da giù insieme alle melanzane sott’olio di nonna). Come ho scritto nel pezzo della scorsa settimana gli stereotipi sono stereotipi, ma un fondo di verità c’è e la cucina meridionale non si batte, anche se a un po’ di meridionalità si deve rinunciare. Il menù prevedeva: scaloppine alla birra – siamo in Trentino del resto - con contorno di patate. E chi è il cuoco ufficiale del corso di filosofia morale dell’anno accademico 2017/2018? Vi do solo un indizio: sa cosa vuol dire la parola “chiavica” e sta cercando di insegnarla in un corso monografico sul dialetto meridionale. Testi di riferimento: “Gomorra”, “Così parlò Bellavista” e aneddoti sui vecchietti del paese.

Questo perché se la cucina meridionale non si batte un motivo c’è: le cuoche da cui apprendiamo di generazione in generazione. Vai con la serata quindi, e soprattutto vai col vino. Finita la prima bottiglia, in sei, il nordico più nordico di tutti chiede se può stendersi sul letto. E’ abituato alla birra. A novecento chilometri di distanza immagino il ghigno soddisfatto di nonno. “Lu vin teng” state of mind. (Per i non addetti al meridione questa espressione vuol dire “Il vino colora la lingua” e significa che la suddetta bevanda alcolica è forte). Con la pancia piena e i pensieri scacciati dal vino, speriamo solo quelli e non la conoscenza dei filosofi, si possono aprire le danze. Credetemi sentire una bresciana che canta in napoletano non ha prezzo ma soprattutto tutti si sono dovuti inchinare all’evidenza “Che bella è questa canzone”. Il colpo di grazia? Cantare “O sole mio”. Altre fantastiche proprietà del vino di nonno? Rende intonati.
Caro Francesco di Pordenone la rettifica terrona per “Mangi” è “Mangi, ma senza il vino di nonno non vai da nessuna parte”. Il vino invece se ne va, due litri e mezzo per la precisione. Meno male che tra dieci giorni torno giù.

Ci credi e taaac il trenta
Premesso che “taaac” non si può sentire, meglio un onesto e terrone “bell e buon”, c’è da dire che ci crediamo nel trenta. Lo studio c’è e anche un po’ di svago per non impazzire. Ad attenderci ci sono Nietzsche, Aristotele, Kierkegaard e Kant, un gennaio che sarà freddo e intenso ma che ci darà anche tante soddisfazione. Noi ci crediamo (e studiamo) “che se no panico”.
(alcuni dei non impanicati, col tempo conoscerete gli altri)

Ps: Nonni di tutti i terroni, mi appello a voi: nelle nordiche lande fa freddo, mandate il vino. Non si sa mai che ne offriamo un bicchierino ai professori e bell e buon arriva il trenta!.