Assemblea Confindustria Salerno, Bonomi: "Crisi profonda, il governo intervenga"

Al "Verdi" l'incontro dal tema “Il nodo delle competenze"

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Salerno.  

“Il nodo delle competenze - strumenti e strategie per un’occupabilità sostenibile e responsabile”, questo il tema dell’assemblea di Confindustria Salerno che avrà luogo, questa mattina, al teatro municipale “Giuseppe Verdi” di Salerno. Attesi i rappresentanti degli industriali di tutta la Campania.

il futuro delle imprese italiane al centro dell’Assemblea. Saluti istituzionali affidati al sindaco del comune di Salerno, Vincenzo Napoli. Atteso anche il presidente della regione Campania Vincenzo De Luca. L’introduzione sarà affidata al presidente di Confindustria Salerno Antonio Ferraioli. Interverrà poi Andrea Prete, Presidente Unioncamere. A seguire un talk che coinvolgerà il Rettore dell’Università degli Studi di Salerno, Vincenzo Loia, il Presidente Luiss Guido Carli, Vincenzo Boccia, il Presidente Università telematica Pegaso e Università Mercatorum (nonché patron della Salernitana) Danilo Iervolino. Mentre le conclusioni saranno affidate alla guida nazionale di Confindustria, Carlo Bonomi. I lavori saranno moderati dalla giornalista Marianna Aprile.

L'incontro sarà trasmesso in diretta da Ottochannel sul canale 696 del digitale terrestre (e in streaming ottochannel.tv/direttalive/) e sul sito www.ottopagine.it al link: https://www.ottopagine.it/live/

L'inizio dell'assemblea è previsto per le 10.15.

- Agggioramento ore 10: Ai microfoni di canale 696 il presidente di Confindustria Salerno, Antonio Ferraioli ha fatto una prima riflessione pre assemblea: "Sicuramente la guerra uno shock inatteso. C'era già molta tensione sul mercato delle materie prime e l'invasione dell'Ucraina ha acuito questo problema. Crediamo che sia necessario un intervento a livello nazionale e soprattutto dell'Unione Europera per porre un freno". 

C'è quindi bisogno di una nuova prospettiva per aziende ed imprese, con la transizione ecologica che per il presidente deve essere una "sfida fondamentale da realizzare in tempi brevi". 

Le compentenze sono fondamentali ed è necessario combattere questa crisi, come sottolineato dalla guida nazionale di Confindustria, Carlo Bonomi: "Stiamo vivendo la tempesta perfetta. Stavamo uscendo dal Covid e ci siamo ritrovati in una guerra, sebbene il rallenatamento fosse iniziato già prima. Il rincaro dell'energia e delle materia prime stanno incidendo in maniera forte. Stanno iniziando a chiudere le prime attività. E' una crisi profonda".  E sul ruolo del Sud, il presidente ha sottolieato: "L'Italia ha due grandi partite: Roma e il Mezzogiorno. Qua si gioca la sfida per il futuro del Paese. Dobbiamo essere tutti concentrati per far si' che si creino le condizioni necessarie perche' ci sia uno sviluppo molto forte, uno sviluppo che abbia pero' come focus, giovani, donne e lavoratori a tempo determinato che sono quelli che nelle crisi hanno sempre sofferto di piu' e che nell'ultima crisi ancora in misura maggiore. Sappiamo quali solo le percentuali di occupazione al Sud. Qui dobbiamo veramente giocarci una partita nazionale senza se e senza ma". 

Intervistato dal direttore di Ottochannel, Pierluigi Melillo, il Presidente Unioncamere Andrea Prete ha auspicato, quanto prima,  un cessate il fuoco: "E' un momento particolare che ha i suoi riflessi sull'economia. C'è grande difficoltà e l'auspicio è che si risolva velocemente. Le richieste delle aziende al governo sono di semplificazione e vicinanza. Abbiamo un problema energetico importante: compriamo tanta energia ma abbiamo anche delle energie rinnovabbili che possiamo impiantare da subito. Ma le autorizzazioni e le proteste di un territorio bloccano spesso queste installazioni. Le competenze vanno allineate a quelle che sono le esigenze del territorio e del sistema delle imprese". 

La città di Salerno fa da padrone di casa ad un evento che vede i big dell'industria. Il sindaco Napoli ha sottolineato quanto il ruolo delle istituzioni sia fondamentale nel processo di crescita delle imprese: "Le amministrazioni pubbliche devono supportare i processi di cambiamento difficiliti che dovranno avvenire. Le competenze vanno ricercate e coltivale per offrire una platea utile ad imprese e cittadinanza. La pubblica amministrazione deve svecchiarsi, stare al passo con la sfida che ci troviamo ad affrontare. E il modo dell'istruzione deve mettere in condizione le nuove leve di potersi esprimere al meglio nel mondo del lavoro. La pubblica amministrazione deve dare una mano e non essere un fardello". 

A margine dell'assmeblea è intervenuto anche Danilo Iervolino, presidente della Salernitana: "I tifosi sperano nel miracolo sportivo e anch'io. Ce l'abbiamo messa tutta, in poco tempo abbiamo investito in giocatori, abbiamo preso un grande ds, un allenatore capace e grintoso. Purtroppo la palla è rotonda. Abbiamo avuto anche sfortuna sul campo: contro lo Spezia, il Milan e lo stesso Genoa sul campo potevamo fare molto di più. Se quelle partite fossero state giocate come nel pugilato, le avremmo vinte ai punti". 

Aggiornamento ore 10.30: ha inizio l'assemblea, saluti istituzionali affidati al sindaco di Salerno Vincenzo Napoli.

L'intervento del primo cittadino: 

"Ci troviamo oggi a celebrare l’annuale Convention di Confindustria dopo due anni che hanno condizionato radicalmente la nostra modalità di stare al mondo. Ora che finalmente vediamo una possibile fuoriuscita da un incubo ma siamo costretti a rivedere i modi e i tempi del nostro vivere. Qualcosa di molto simile a una trasformazione antropologica epocale. Quando la pandemia sembra lasciarci un po’ di respiro, infatti, eccoci precipitati in una prospettiva arcaica con la guerra che infiamma il cuore della vecchia Europa.

Una condizione surreale turba i nostri animi, con i profughi che giungono sui nostri territori chiamandoci ad altre prove che abbiamo il dovere di rispondere.

Il retaggio della pandemia, la guerra con il suo portato di crisi economica, il lacerante dolore dei profughi e il preannuncio dei nuovi sbarchi di migranti prefigurano una sorta di tempesta perfetta con la quale siamo chiamati a misurarci.

La complessità dell’avvicendarsi degli eventi ha sancito una volta per tutte la necessità di comune visione europea.

La speranza - sostiene il presidente Ferraioli - e che l’Unione Europea acquisisca finalmente la piena consapevolezza che la politica energetica, difesa e politica estera e comune sono obiettivi imprescindibili per la nostra sicurezza, non solo economica e hanno bisogno di una regia comune a livello sovranazionale. Gli ultimi due anni ci hanno dimostrato che viviamo davvero in un’ epoca di grandi e rapidissime trasformazioni. E’ cambiato radicalmente il modo di lavorare, comunicare e fare imprese e nei prossimi anni questa tendenza al cambiamento continuerà ad aumentare ed accelerare.

Secondo il Word Economic Forum il 65% delle professioni che saranno più ricercati tra 10 anni, ad oggi ancora non esistono. Questi dati prospettano una quinta rivoluzione industriale. Trasformazioni epocali che solo in parte possiamo prevedere ma che dobbiamo prepararci ad affrontare per gestirle al meglio, cioè senza subirle passivamente.

La strada per una crescita sostenibile finanziariamente, socialmente, ed ecologicamente si scontra con la difficoltà di recepire le risorse adatte all’offerta di lavoro. Questo  perché la pandemia ha modificato il mercato del lavoro con richieste di posizioni sconosciute, di nuove competenze non supportate adeguatamente dal sistema d’istruzione.

La qualità del sistema scolastico è così divenuto una variabile indipendente per lo sviluppo dell’economia di alta intensità. La propensione al cambiamento è una competenza che non riguarda soltanto i ragazzi. Le previsioni mostrano che da qui a 2030 il 50% di tutti lavoratori dovrà riqualificarsi e aggiornare le proprie competenze di base. Anche lavoratori già inseriti in un contesto aziendale avranno dunque bisogno di un’attitudine flessibile per stare sempre al passo con i tempi.

Lo stesso vale anche per tutti quelli che purtroppo negli ultimi mesi si sono trovati senza lavoro a causa della pandemia.

Dobbiamo mettere in campo tutti gli strumenti formativi necessari per stare al passo con i tempi e aggiornare continuamente il nostro bagaglio professionale.

Il nostro impegno è lavorare per una pubblica amministrazione moderna, competitiva, efficace e capace di essere di supporto ai cittadini ed impres e non essere un fardello. Bisogna procedere ad una sburocratizzazione radicale, alla semplificazione, alla digitalizzazione ed in questa prospettiva la regione Campania con i suoi concorsi pubblici ho dato anche agli enti locali un’importante opportunità per gli organici. Se non ci fosse stato il “concorsone” noi saremmo “alla canna del gas”. Salerno crede di poter tenere il passo anche scontrandosi con 1000 difficoltà.

I finanziamenti destinati ai comuni nell’ambito del PNRR prevedono, di norma, l’emanazione di bandi da parte dello Stato e delle regioni che richiedono, ai fini della partecipazione, la presentazione di proposte di interventi accompagnati da progettazioni almeno preliminari. Appare necessario potere disporre di un gruppo di tecnici quali ingegneri e architetti da dedicare esclusivamente a tali attività che sono di carattere tecnico.

Sotto questo aspetto il Comune di Salerno non è stato molto fortunato con le circa 10 unità che sono arrivati a seguito del reclutamento fatto dal ministro Brunetta. Di queste solo due sono tecnici. Si deduce che l’apporto di questa task force non potrà che essere molto limitato. Ulteriore forte esigenza per il Comune di Salerno è la digitalizzazione. Si è molto sentito parlare della digitalizzazione della pubblica amministrazione, ma finora non si è venuto a capo di un granché.

Si nota l’assenza di linee di finanziamento dedicate bim, building information modeling: non sono stati previsti bandi che finanziano hardware, software e la formazione. In parole povere, il Comune è obbligato a chiedere ai progettisti un progetto redatto in bim, ma poi non ha gli strumenti per leggerlo.

Ad ogni modo stiamo lavorando per il rilancio e la riqualificazione urbana, per l’aggiornamento del PUC e per il PUMS, il piano urbano della mobilità sostenibile, per una visione coerente delle città, il suo aeroporto, al porto commerciale, alla metropolitana e Porta Ovest e al Policlinico. Ed ancora al PalaSalerno, al rifacimento del litorale, all’alta velocità, alla zona ZES, sulla quale ha molto lavorato il nostro deputato Piero De Luca.

Noi, già ricchi del del patrimonio di grande architettura, come la Marina d’Arechi, la cittadella giudiziaria, la stazione marittima, abbiamo la possibilità di un rilancio per una grande armatura urbana che renda attraente il nostro territorio per il turismo, investimenti ed insediamenti."

La parola è poi passata al presidente di Confindustria Salerno Antonio Ferraioli.

Prima di parlare un applauso e la gigantografia di Gianandrea Ferrajoli, ha ricordato il giovane imprenditore prematuramente scomparso. Poi, la sua relazione: 

Desidero ringraziare per la vostra presenza qui, del tutto impensabile solo poche settimane fa quando la curva epidemiologica era ancora molto preoccupante. Due anni fa infatti, esattamente l’11 marzo 2020, l’organizzazione mondiale della sanità dichiarava ufficialmente lo stato di pandemia dopo aver valutato livelli di gravità e la diffusione globale dell’infezione da SARS-CoV-2.

Oggi anche grazie alla massiccia campagna vaccinale e una risposta comportamentale responsabile dei cittadini il virus sta arretrando. L’impatto è positivo pure sull’economia della nostra regione che torna a buone performance.

Secondo i dati di Bankitalia, infatti, nella prima metà del 2021 l’attività economica ha recuperato del 7,4% a fronte del marcato calo del 2020 - 8,4%. In particolare circa 60% delle imprese ha registrato un aumento di fatturato mentre solo il 18% una diminuzione. Complice il rafforzamento del ciclo economico internazionale, anche il nostro export è cresciuto in maniera consistente con l’incremento pari al 17,1% del primo semestre 2021, a fronte di un calo del 9,9% nello stesso periodo 2020.

Se la minaccia sanitaria però sembra piano piano affievolirsi, altri rischi di rilevante entità si profilano all’orizzonte: scarsità di componenti e di semilavorati, nonché un considerevole rincaro dei prezzi delle materie prime, molte a doppia cifra se non a tripla, dei carburanti di energia elettrica il gas ai massimi valori storici, mettono a repentaglio, mel nostro paese, intere filiere e settori produttivi.

Come certificato da una delle ultime rilevazione del centro studi Confindustria del febbraio 2022, l’impennata dei prezzi energetici comporta per la manifattura italiana un notevole aumento dei costi per la fornitura di energia, passato gli 8 miliardi circa del 2019 ad una stima di 37 nel 2022 e stando alle proiezione, a 22miliardi circa nel 2023. Questi dati ovviamente non tengono conto dell’ondata speculativa gli ultimi giorni, perchè i 37 potrebbero addirittura diventare 80, se non si corre ai ripari.

Uno scenario diventato ancora peggiore e imprevedibile a seguito dell’attacco bellico della Russia all’Ucraina e delle conseguenti sanzioni imposte dai Paesi occidentali alla Russia. Credo comunque che il diritto alla libertà e all’autodeterminazione dei popoli venga prima di qualsiasi considerazione di carattere economico. E quindi, anche se le conseguenze della nostra economia e per le nostre imprese, in molti casi, potranno essere rilevanti, non possiamo che sostenere tale provvedimento e anzi, se necessario, auspicare che tali sanzioni vengano intensificate. Non è tollerabile nessuna accondiscendenza verso un regime e un personaggio che sono iscritti nel libro nero della storia. L’augurio che il popolo russo trovi la forza per liberarsene democraticamente e più presto.

Un’ulteriore riflessione va fatta sulla dipendenza energetica che l’UE e l’Italia in particolare hanno dall’estero e soprattutto dalla Russia. Dipendenza aumentata degli ultimi anni e frutto di una politica miope, che ha privilegiato interessi di breve respiro rispetto una visione di lungo periodo. L’invasione della Crimea risale al 2014 e negli ultimi otto anni la quota di gas russo importato è aumentata: non si è voluto vedere la pericolosità e l’inaffidabilità dell’interlocutore. In Italia la situazione ancora più grave a causa dei continui no a trivellazione e nucleari, presenti tutti i grandi Paesi europei, e alle difficoltà burocratiche nelle concessioni per realizzare impianti fotovoltaici ed eolici.

Se qualcosa di proficuo si può generare dall’incubo che stiamo vivendo è la speranza che l’Unione Europea acquisisca finalmente piena consapevolezza che politica energetica, difesa e politica estera comune sono temi imprescindibili per la nostra sicurezza, non solo economica, e che hanno bisogno di una regia comune a livello sovranazionale. La produzione industriale italiana è stimata in forte caduta a gennaio: -1,3% dopo il -0,7% di dicembre, e anche per febbraio sono negativi. Contrazione dovuto, come dicevamo, sia al caro energia, sia rincaro delle altre commodities che comprimono i margini delle imprese che, in diversi casi, stanno rendendo più conveniente bloccare la produzione. Il sistema industriale sta quindi subendo un autentico shock, arrivato proprio ora che il motore Italia si stava riavviando con un Pil 2021 pari +6,6%, dopo la perdita di quasi nove punti del 2020.

Famiglie e imprese sono dunque nuovamente in allarme. Nonostante questi dolorosi freni, il mercato del lavoro sembra proiettato in una dimensione di ottimistica ripresa di cui diventa indispensabile però anticipare la direzione. Il 9,4% delle imprese ha incrementato il personale nella seconda metà del 2021, mentre un altro 12,1% sta assumendo, specie nell’industria e nelle costruzioni.

Dato in crescita anche della nostra regione del primo semestre 2021: secondo la rilevazione di Bankitalia abbiamo +0,7% e 74.000 nuove posizioni lavorative attivate. Va tutto bene quindi? niente affatto resta un solido nodo sciogliere ed è trovare un sentiero di crescita sostenibile finanziariamente, socialmente e tecnologicamente. I 2/3 delle imprese che hanno deciso di ampliare il proprio organico, segnalano difficoltà a reperire le risorse adatte alle offerte.

Difficoltà molto molto sentite nelle micro imprese 63,9%, nelle piccole 66.7%, ma anche nelle medie 58,2% e delle grandi, 50.1% (dati Istat).

Assistiamo ad un autentico paradosso che negli ultimi anni ha radicalmente preso corpo: in particolare modo in un paese come il nostro, con la disoccupazione diffusa pari 2,3 milioni di persone e 13.5 milioni di inattivi, decine di migliaia di posti di lavoro restano vacanti: mancato, tecnici informatici, saldatori, fonditori, meccatronici, addetti alla vendita e alla logistica, fornitori di servizi digitali, chimici e infermieri. Mancano cioè sia figure professionali per una distorsione sull’orientamento del percorso scolastico: si formano pochi, pochissimi giovani con competenze scientifiche a causa della scarsa cultura tecnica del paese, sia profili meno qualificati ma già pronti per l’attuale domanda dell’impresa.

Perché succede? che domanda e offerta di lavoro non si incontrino completamente è plausibile, perché di per sé il mercato del lavoro non è perfetto.

Il fenomeno egli ultimi anni si è però fatto più evidente e preoccupante. Se consideriamo le stime preliminari Istat relative al tasso di posti vacanti nel quarto trimestre 2021 per le imprese con almeno 10 dipendenti, si registra un tasso di posti vacanti dell’1,7%, equivalente a circa 400.000 posti aperti. Una prima spiegazione a questo gap può essere rintracciata nell’impatto il prezzo della pandemia, un’altra ipotesi è che l’inasprirsi della concorrenza internazionale, l’esponenziale diffusione della digitalizzazione e l’automazione abbiamo trasformato di molto le esigenze e ti rimando le competenze richieste dalle aziende, senza che il sistema dell’istruzione abbia avuto il tempo necessario per potersi adeguare.

Se ci aggiungiamo l’invecchiamento della popolazione con il conseguente calo delle risorse in età lavorativa disponibili, appare chiaro quanto profondamente stiano cambiando le dinamiche del mercato del lavoro. Nei fatti sono poche energie nuove concretamente capaci di stare al passo con i tempi.

Fin ora il mondo delle competenze stato è parzialmente assorbito e potremmo dire occultato. Se un’azienda infatti non riusciva a trovare la persona adatta per ricoprire un ruolo, non era raro che finisse con l’assumere risorse con competenze inferiori o addirittura superiori. Oggi però questo accomodamento non possiamo più permettercelo. Le strategie su cui si fondava la competitività delle nostre imprese non reggono più. Oggi la sostenibilità in tutte le direzioni è un prerequisito rinunciabile che impone competenze all’altezza delle nuove sfide. Questo il momento per il paese di tornare ad avere intenzione di crescere altrimenti scopriremo troppo tardi di loro aver preso parte al cambiamento, di essere rimasti inerti, immobili, immutati.

Sbaglia però chi pensa che la carenza di competenze sia solo un danno economico tutt’altro. ça mancata corrispondenza tra le competenze richieste delle imprese e quelle disponibili sul mercato è un problema anche sociale che determina un autentico spreco di talento della forza lavoro più capace.

E gli sprechi non ne abbiamo davvero bisogno.

Già  il paese deve fare giovani senza lavoro. I giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in circuiti formativi sono oltre 3 milioni, ovvero il 25.1% dei giovani italiani, uno su quattro. Di questi, ben 1,7milioni sono donne. Un altro fenomeno di impoverimento del capitale umano disponibile: circa 250.000 giovani ogni anno lasciano l’Italia per realizzarsi professionalmente all’estero. Ben 58 su 397 finanziamenti sono andato a giovani italiani secondi sono i tedeschi con 67 borse di studio. Ma solo il 7% di questi fondi verrà utilizzato in ricerche in Italia.

Vorremmo che il paese riuscisse ad invertire la rotta trattenendo qui queste energia e, al contempo, attirando eventualmente anche stranieri. Oggi non succede purtroppo nè uno nè altro.

E’ diventato pertanto indifferibile insistere sulla qualità del sistema scolastico, uno degli aspetti determinanti più importanti della crescita. Perché a partire dalla scuola che si possono riscattare i destini non solo delle nuove generazioni ma nella società intera. Siamo con il  presidente Draghi quando dice che investire nella scuola è un atto di giustizia sociale. Un sistema educativo che non funziona aumenta le diseguaglianze, ostacola la mobilità e priva l’Italia dei cittadini capaci e consapevoli.

Farlo oggi è possibile ci sono volontà politiche e risorse economiche: con uno stanziamento totale di 33.8 miliardi di euro, il PNRR ha infatti proprio l’obiettivo di rafforzare le condizioni per lo sviluppo dell’economia ad alta intensità di conoscenza, competitività e resilienza. Le risorse sono destinate in particolare a migliorare e potenziare l’istruzione e ricerca per l’impresa, a colmare le carenze dell’offerta di servizi di educazione, Il gap delle competenze di base e ad aumentare la spesa di ricerche e sviluppo. Il sistema delle imprese chiede in particolare di accelerare la formazione di competenze digitali green avanzate. Cultura e competenza digitale e sostenibile devono diventare un pilastro della competitività del sistema formativo, così come di quello imprenditoriale che pure ha molte posizioni da recuperare.

Secondo recente studio della European Investment Bank, l’Italia si attesta infatti solo al 19º posto su 28 nazioni europei, con il 62,6% di tasso di digitalizzazione dell’aziende, al di sotto della media europea, ma di poco avanti a Francia e Regno Unito.

Lo stato non può agire da solo. Sono indispensabili alleanze pubblico private. Un efficace soluzione al problema della skill mismatch è quella offerta dalla diffusione e valorizzazione sul territorio nazionale degli ITS, oggi solo 117.  Un percorso formativo che punta a superare le barriere tra scuola e mondo del lavoro, fondato su nuovi metodi didattici, congegnati da docenti in filo diretto con le aziende, in cui lavoro lo si apprendere nel concreto. Il PNRR destina 1 miliardo e mezzo a questi istituti che guardano al futuro e i cui piani di studio sono particolarmente calzanti con la struttura produttiva di molte delle nostre imprese e tagliati su misura delle nuove esigenze imposte da industria 4.0.

Confindustria Salerno già da qualche anno ha scelto di investire in questi pilastri educativi, dapprima entrando come partner della fondazione dell’ITS Antonio Bruno, e ultimi mesi lavorando sia un corso di meccatronica attivato lo scorso gennaio a Salerno, sia su un nuovo istituto nell’aria e nuove tecnologie per il  made in Italy nel sistema agroalimentare emesso dalla regione Campania.

Successivamente la parola è passata ad Andrea Prete, Presidente Unioncamere.

Al termine del suo intervento, alle ore 11.30 circa ha avuto inizio un talk moderato dalla giornalista Marianna Aprile che ha visto come protagonisti il Rettore dell’Università degli Studi di Salerno, Vincenzo Loia, il Presidente Luiss Guido Carli, Vincenzo Boccia, il Presidente Università telematica Pegaso e Università Mercatorum (nonché patron della Salernitana) Danilo Iervolino

Il talk è durato circa un'ora. Al termine degli interventi ha preso la parola il presidente della regione Camopania Vincenzo De Luca che ha lanciato nuovo appello alla semplificazione burocratica per incentivare gli investimenti.

"Se vogliamo reggere in questo mondo dobbiamo muoverci e cambiare tutto. Oggi dobbiamo affrontare i tanti temi difficili che le vicende globali ci ripropongono e noi dobbiamo lavorare per la pace ma tenere viva la ragione per trovare delle soluzioni adeguate. Tutto quello che sta succedendo in queste settimane avrà ricadute anche sul nostro Paese obbligato a rivedere tutto ,a cominciare dai comportamenti e dai lussi che la classe politica si è concessa"

L'autonomia energetica resta un tema urgente e De Luca sottolinea la necessità di "capire i punti di strozzatura che impediscono il nostro Governo di mettere in campo azioni concrete. E' giunto il momento di aprirci alla ricerca sul nucleare per arrivare a soluzioni tecnologiche avanzate anche se sono contrario alle centrali atomiche. Abbiamo una Pubblica Amministrazione che non alimenta i processi di sviluppo anzi li blocca. Dobbiamo cambiare tutto se vogliamo andare avanti e applicare il PNRR, a partire dal Codice degli Appalti e per fare questo non si doveva aspettare la crisi in Ucraina. Si sta finalmente iniziando a ragionare. Lo potevamo fare dieci anni fa. Codice degli appalti: per dieci abbia abbiamo avuto l’ossessione che bisognava mettere a gara solo il progetto esecutivo e nessuno si poneva il problema che gli enti locali non hanno più il personale per fare l’esecutivo e che la questione vera è controllare i cantieri. Il problema era il ricorso al Tar fatto in maniera speculativa. Anni persi senza decidere niente. Siamo un Paese che non guarda al risultato ma ai formalismi. Oggi siamo in una situazione complicata. Cominceremo ad avere qualche ricaduta nei nostri supermercati e sulle nostre tavole per il prezzo del grano, granturco, soia. Qui siamo chiamati a fare un grande sforzo. Non possiamo sprecare neanche un euro. Se vogliamo che il nostro apparato industriale regga alle nuove sfide, delle risposte dobbiamo darle".

"C'è un lavoro gigantesto da fare rispetto alle università, le scuole, la formazione telematica, vengono i brividi a pensare alla quantità di cose che abbiamo lasciato in arretrato e che oggi dovremmo rimettere in movimento". 

“Con quali strumenti in Italia chi ha responsabilità politiche può decidere cioè può mettere in campo una azione concretamente efficace rispetto ai problemi? Noi abbiamo nelle mani pistole scariche perché abbiamo un sistema istituzionale che è costruito non a misura del decidere del fare ma a misura del non fare”.

Conclusioni affidate alla guida nazionale di Confindustria, Carlo Bonomi. 

Sul tema della crisi tra Federazione russa e Ucraina, il presidente di Confindustria ha ricordato ci sono "447 imprese italiane che operano in Russia, un fatturato di 7,4 miliardi, uno stock di investimento di oltre 11 miliardi, di cui nessuno parla. Imprese abbandonate a se stesse. Nessuno sta pensando a loro", dice in uno dei passaggi del suo intervento. 

"Non possiamo più permetterci di produrre in perdita, non ce la facciamo più, inevitabilmente dovremo ricorrere alla cassa integrazione", avverte il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi sullo shock materie prime e costi dell'energia esploso con la guerra in Ucraina."Stimiamo che dovremo richiedere 400 milioni di ore di cassa integrazione e non lo diciamo per fare allarmismo ma per far conoscere la situazione al dibattito pubblico. Già questa settimana abbiamo visto i primi effetti, sospensione delle attività, gli energivori, gli acciaieri, chi fa ceramica, chi fa carta", aggiunge.

"Decenni di errori, senza guardare qual era l'obiettivo del Paese. E questo perché lo ha voluto la politica, ci ha spinto in quella direzione. Il conto lo paghiamo noi, lo paga sempre l'impresa italiana, lo pagano sempre gli imprenditori"."Siamo in una tempesta perfetta ci  stavamo riprendendo con un rimbalzo importante da quando c'è stato il lockdown del Covid. E purtroppo ci siamo trovati con una guerra, anche se il rallentamento era già arrivato prima della guerra. Era da settembre che  dicevamo che avremmo avuto un periodo difficile e i dati della produzione da  dicembre in poi già avevano il segno meno. E' ovvio che il rincaro della energia, iniziato prima della guerra, e il rincaro delle materie prime stanno incidendo  in maniera molto forte. Purtroppo questa settimana abbiamo già avuto le prime sospensioni di attività. Noi abbiamo chiesto al governo degli interventi urgenti".

Bonomi ribadisce anche come oggi, di fronte a nuove sfide, la dipendenza dal gas dalla Russia, lo shock dei prezzi delle materie prime, vanno messe in campo "misure necessarie" ma che "non sono coperte dall'attuale Pnrr." Bisogna, ribadisce, "varare un Pnrr aggiuntivo".

Bonomi ha anche avvertito che con la carenza di materie prime e l'aumento dei costi, con "settori che saranno colpiti in maniera molto forte, come quello della ceramica perché l'Ucraina è il primo esportatore mondiale di argille, siamo di fronte a degli effetti di un conflitto che ci colpisce molto". Il presidente di Confindustria ha parlato di un impatto che oggi può pregiudicare "quello che sembrava un rimbalzo" del Pil nel 2021 "e che si avviava nel 2022 a diventare crescita, finalmente, quindi a recuperare quelli che erano stati gli effetti" della crisi innescata dall'emergenza Covid. "Ma non dimentichiamo - sottolinea - che comunque, anche se avessimo recuperato i livelli di Pil pre-Covid saremmo stati quattro punti di Pil sotto il 2008, un Paese che dopo 14 anni non aveva ancora recuperato la crisi del 2008-2010. Sembra quindi un perverso gioco dell'oca. Nonostante tutti i nostri sforzi ritorniamo sempre all'inizio".

Il presidente di Confindustria ha inoltre precisato che "l'approccio nazionale di politica energetica deve cambiare. Decenni di errori, senza guardare qual era l'obiettivo del Paese. Siamo l'unico Paese - ha ricordato- che usa così tanto gas per l'energia elettrica e siamo così tanto dipendenti da Paesi instabili, pericolosi e questo perché la politica l'ha voluto, perché ci ha spinto in quella direzione". 

"Forse lo dobbiamo sfruttare in maniera diversa, dobbiamo cambiare gli obiettivi. E dobbiamo cambiare anche la scadenza temporale. Perché è impensabile realizzare il Pnrr, anche mantenendone l'impianto attuale, se non abbiamo le materie prime o ci costano di più, se non abbiamo l'energia e quella che arriva costa di più". "E' inutile persistere su obiettivi che oggi non sono più funzionali al paese, bisogna avere il coraggio di cambiare"