Il Pd napoletano dice no al terzo mandato di Vincenzo De Luca e ribadisce la volontà di costruire anche in Regione Campania una coalizione allargata che segua il modello adottato al Comune di Napoli. È quanto deliberato dalla direzione provinciale partenopea a cui ha preso parte il commissario regionale Antonio Misiani. Una linea non condivisa dall'area deluchiana, per la quale sta mancando il confronto all'interno del partito in un momento politicamente cruciale.
Una vicenda di cui ha parlato Nicola Landolfi, già presidente regionale del Pd e, in passato, segretario provinciale del Partito Democratico di Salerno.
“Il Pd è un partito che dopo il commissariamento non ha discusso più di niente, le prossime regionali sono la madre di tutte le discussioni e il fatto che dopo il commissariamento non ci sia stata nemmno una riunione lascia veramente tanta amarezza perché non si può affidare il bandolo della matassa a un commissario, tra l’altro venuto da Bergamo e quindi che non ha nessuna particolare affezione per la Campania e per il nostro territorio. È legittimo che lui incontri gli altri esponenti politici del centrosinistra ma non rappresenta il PD della Campania perché la stragrande maggioranza del PD campano non la pensa come lui”.
Cosa farà adesso la segreteria di Salerno?
“Immagino che la segreteria provinciale del PD di Salerno non la pensi diversamente da me e difficilmente potrà allinearsi a una discussione che, aldilà del contenuto, non si fa in questo modo. Nessun segretario di nessun partito ha mai gestito un momento così importante da solo. Il commissario potrebbe avere perfino ragione ma perché non si confronta? Perché non non apre una riflessione? Anche nella riflessione io penso che ci possono essere le condizioni per trovare poi un’unità. È evidente che se uno parla da solo, con una posizione ideologica che non tiene conto della stragrande maggioranza del PD, viene il legittimo sospetto che sia venuto non per rilanciare il Pd della Campania ma per scioglierlo.
Quali scenari prevede per il futuro del Pd in Campania?
“Non lo so, quelli che parlano bene dicono che in questi casi si naviga a vista. Davvero non lo so. Adesso aspettiamo quello che decreterà la Corte Costituzionale. Però io rifletto sul fatto che, aldilà della legittimità o meno della legge regionale della Campania sul terzo mandato, oggi abbiamo un partito campano che è diviso e un partito nazionale che è tornato ad essere diviso. Non è una novità che all'interno del Pd c’è un'area politica importante, più moderata, più riformista che sta ragionando sulla leadership di Paolo Gentiloni.
Siamo a un redde rationem di quello che era stato immaginato come un partito che raccoglieva l’eredità dell’Ulivo, cioè l’eredità di quell'esperienza del centrosinistra che è stata l’unica che negli ultimi 25 anni ci ha fatto vincere le elezioni. Viene da pensare che la Campania sia il laboratorio dove l’attuale gruppo dirigente nazionale vuole sperimentare questa divisione profonda che ho l’impressione, difficilmente sarà recuperata, se non prevale il buon senso che deve provenire innanzitutto da chi guida il partito nazionale e regionale in questo momento. Cioè è chi ha più responsabilità che deve tendere una mano, non chi ne ha di meno”.
