Il crollo del ponte è un fallimento per tutta l'Europa

La lettura dell'estero della tragedia di Genova offre spunti oscurati dalla polemiche paesane

«L'Italia è un Paese senza meritocrazia, ma quel ponte è anche il simbolo di altro, dell'avidità, del profitto, dell'innovazione frenetica, a scapito della sicurezza dell'uomo».

 

 

di Luciano Trapanese

Il disastro di Genova ha dato la stura al peggio del nostro Paese. Polemiche rabbiose, propaganda, accuse incrociate, processi sommari, contratti secretati, interessi occulti, ha mostrato la faccia del peggior capitalismo di provincia, sollecitato selfie e applausi inopportuni, diviso la nazione, e vanificato qualsiasi ragionamento logico, costruttivo, razionale, concreto.

Ci voleva uno sguardo esterno per mostrare la vera espressione dell'Italia dopo quel disastro. Uno sguardo immune alle partigianerie, agli interessi di bottega politica, al tifo da stadio, alla solidarietà pelosa per i morti. E tra i tanti commenti pubblicati da quotidiani stranieri, alcuni passaggi di un editoriale proposto dal Guardian (uno dei più prestigiosi organi d'informazione del pianeta), e firmato da Tobias Jones, mette l'accento sul malessere profondo – oltre al dolore per quelle vite spezzate - che ha suscitato quel crollo, e sul perché ha toccato così profondamente il nostro Paese. E non solo. Lo fa meglio di tanti analisti italiani, meglio anche – e non ci vuole molto – di tanti politici.

«Il disastro solleva questioni profonde sull'Italia moderna. Una nazione che ha prodotto ingegneri civili di qualità, ma senza una reale meritocrazia raramente si fanno le opere migliori. I contratti non vanno al più competente, ma al più ammanicato. Prima ancora che il ponte di Genova fosse iniziato, un altro ponte dell'architetto Riccardo Morandi, in Venezuela, era parzialmente crollato. Eppure ha continuato a costruirne decine di altri (due chiusi, uno demolito, gli altri a rischio). Tutto questo è perverso. La mancanza di meritocrazia è un problema sentito oggi proprio come negli anni '60: molti dei migliori dottori, scienziati e finanzieri sono emigrati. L'Italia si sta formando non solo con l'arrivo degli immigrati, ma con la partenza della sua stessa gente».

Il crollo di un ponte visto come l'esempio lampante della meritocrazia negata. E il futuro del nostro Paese racchiuso in quell'ultima frase: l'Italia che verrà non sarà solo caratterizzata per l'arrivo dei migranti, ma anche dalla partenza dei migliori di noi. E non lo dice un italiano, ma un inglese. Che aggiunge: «L'italiano è abituato a dannarsi per come tutto sia andato in malora se solo si pensa ai Romani e al Rinascimento. Ma dopo il crollo del Morandi quelle lamentele hanno toccato vertici mai raggiunti prima. Sembra impossibile che si usino ancora ponti romani, mentre uno realizzato nel ventesimo secolo è durato appena 50 anni. La considerazione diventa quasi un insulto perché l'infrastruttura romana, oltre che duratura, è esteticamente di una bellezza mozzafiato. Del resto, basta attraversare il Tevere a piedi a Roma per vedere l'imponenza e la delicatezza dei ponti romani. Il calcestruzzo precompresso – continua Jones -, con tutti i suoi problemi di corrosione e inquinamento, è triste e grigio. Non c'è la mano di un artigiano, nessuno che ha posato le singole pietre e studiato la direzione degli archi. Quel ponte crollato rappresentava invece l'opera dell'uomo pigro, ammassato insieme dalle gru».

«Forse è per questo – conclude Jones, e comprende in questa considerazione non solo l'Italia, ma l'intero Occidente - che il lutto si è sentito in modo così acuto. C'è qualcosa in quel ponte che indica tutti i nostri fallimenti: l'ambizione, l'innovazione frenetica, l'avidità. Il ponte faceva parte di un'autostrada in una città petrolifera, e sembra mettere in guardia tutti coloro che oggi si occupano di trasporti: disastri come quello di Genova accadono quando le macchine vengono considerate più degli esseri umani, letteralmente e metaforicamente».

Già, un fallimento. L'idea che il profitto immediato conti più della sicurezza delle persone. E declinato all'italiana, che le competenze vere siano meno importanti delle clientele. Che le mazzette – eventuali – siano un balsamo sufficiente a ripulirsi la coscienza.