Cellule zombie, invecchiamento e malattie: come fermare gli effetti dell'età

Gli esperimenti sui topolini: ci sono farmaci che ci potrebbero preservare dagli effetti dell'età?

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Avellino.  

La comunità scientifica si entusiasma per una nuova classe di farmaci che ci potrebbe preservare dagli effetti dell’età.

Nelle gabbie del laboratorio di Jean-Marc Lemaitre, a Montpellier, alcuni topolini, con gli occhi vivaci, corrono come ringiovaniti, mentre i loro compagni, comunque della stessa età, restano prostrati in un angolo, con lo sguardo spento. I primi hanno ricevuto un farmaco “senolitico” che elimina le cellule senescenti. Queste cellule rappresentano uno dei grandi marker dell’invecchiamento. Con il tempo esse si accumulano nei nostri organi. Non sono vive, non sono morte, gli Anglo-Sassoni le chiamano cellule zombie (un termine creolo indicante fantasmi o esseri umani che non sono vivi e non sono neanche morti). Esse secernono delle molecole tossiche per i tessuti, accelerandone il deterioramento.

Ecco cosa provocano le cellule zombie

Questo fenomeno sembra implicato nella comparsa di tutte le patologie comunemente legate all’età come diabete, artrosi, osteoporosi, malattie cardiache, renali, e neurodegenerative. Altri ricercatori hanno dimostrato in laboratorio, in questi ultimi anni, che la soppressione di queste cellule poteva permettere con un solo farmaco di ritardare gli effetti del tempo. Nel 2016 l’Americano James Kirkland della Mayo Clinic (Minnesota) ha iniziato un’esperienza su 14 pazienti affetti da una malattia rara e mortale, la fibrosi polmonare idiopatica, nella quale la senescenza cellulare sembra giocare un ruolo cruciale.

La pubblicazione dei risultati (2019) dimostra un netto miglioramento della salute dei malati. Una trentina di esperienze sull’uomo sono allo stato in corso, principalmente sotto l’egida del “Transnational Geroscience Network, un’organizzazione supervisionata da James Kirkland. Queste esperienze trattano la maggior parte delle patologie croniche legate all’invecchiamento, compresa l’Alzheimer. Comunque dati recenti, notoriamente nell’artrosi, hanno evidenziato risultati mediocri. Alcuni esperti stimano che questo flop è legato alla scelta del trattamento.

La scommessa degli scienziati

Infatti esistono molti farmaci ad effetto “senolitico” dimostrato, e non tutti presentano la stessa efficacia. Per altri specialisti la maggior parte dei protocolli messi in atto intervengono a stadi avanzati e tardivi delle patologie bersaglio. La scommessa oggi per gli scienziati è dunque di riuscire ad intervenire presto, prima del sopraggiungere delle patologie. Bisognerebbe inoltre convincere le agenzie di controllo dei farmaci a dare il via libero ad alcune molecole ritenute non rimborsabili perché costose. Forse i componenti di dette agenzie non si rendono conto (o non vogliono rendersi conto) che il risparmio sul farmaco salvavita aumenta la spesa successiva legata alla comparsa della malattia grave e avanzata (ospedalizzazione, terapie complesse, etc.).

Personalmente esprimiamo seri dubbi sull’intelligenza dei componenti di dette agenzie. I gruppi di lavoro delle Mayo Clinic hanno lanciato negli Stati Uniti uno studio pilota per testare una molecola “senolitica” contro la fragilità degli anziani. Gli scienziati vogliono valutare il beneficio del loro prodotto sui marker dell’infiammazione, sulla resistenza all’insulina, e l’osteoporosi. In effetti bisogna sintetizzare un farmaco che vada perfettamente e con precisione a bersaglio dato che le cellule senescenti non rappresentano soltanto qualcosa di dannoso. Esse infatti giocano egualmente un ruolo positivo, notoriamente nella cicatrizzazione.