Nargi, la guerra dei troni e i sette peccati dei rinnegati per conquistarne uno

Il fronte progressista ha più sigle che idee. Il risultato? Il nulla. Ma agitato.

nargi la guerra dei troni e i sette peccati dei rinnegati per conquistarne uno

Ad Avellino la politica non è un mestiere. È un genere letterario. Più precisamente: un misto tra horror psicologico, farsa shakespeariana e fiction low budget

Avellino.  

Ad Avellino succede sempre qualcosa. Ma poi non succede niente. È un paradosso quantistico della politica provinciale: il caos è costante, ma tutto resta fermo. La politica cittadina è una metafora perfetta dell’entropia: tutti si agitano, ma tutto resta fermo. Gli assessori si dimettono a rotazione come in una giostra rotta, il Partito Democratico si frantuma come un panettone dimenticato a luglio, la sindaca predica discontinuità con la convinzione di chi ha appena cancellato le proprie foto di gruppo con Festa, ma solo da Facebook.

E il bello è che ognuno ci crede. Sul serio. Anche se si sono candidati tutti insieme, hanno firmato mozioni, si sono votati a vicenda, oggi si guardano in cagnesco, tra accuse reciproche e appelli alla morale. Tipo quelli di Luca Cipriano, l’unico esponente politico capace di parlare come se stesse scrivendo l’introduzione a una nuova enciclica. "È il momento decisivo", dice. Da due anni. Ogni volta è il momento decisivo. Pare la finale dei playoff... che non si gioca mai.

Riflessione fuori campo di Sisina a lavannara

“Ma che c... significa momento decisivo? È la ventiseiesima volta che ‘sta città è sull’orlo del cambiamento! Ormai l’orlo si è consumato!”

Nel frattempo il Pd si moltiplica per divisione, come gli organismi monocellulari. Ci sono i petracchiani, i deluchiani, i schleiniani di importazione, i falsi neutrali e i professionisti dell’astensione costruttiva, che sono quelli che ti dicono: "No, non ti tradisco... mi astengo". Peggio. La sindaca Laura Nargi, erede spirituale e politica del “festismo allegro”, ora si presenta come la madonna pellegrina della pacificazione. "Vogliamo un governo di scopo", dice. Ma lo scopo non si sa. O meglio: lo scopo è che resti lei. Il resto è dettaglio.

Riflessione fuori campo di Sisina a lavannara

"Governo di scopo? Ma dai. È come dire che sto a dieta mentre mangio la parmigiana. Hanno governato insieme cinque anni, adesso recitano ‘Peccato e pentimento’ come a una sacra rappresentazione!”

La sindaca invoca la pacificazione come se fosse un Papa argentino, e regala assoluzioni dai peccati, fino a sette, come le poltrone che può assegnare. Il suo governo di scopo non ha scopi, se non quello di non cadere. E allora si cerca sostegno dove capita: nel Pd, nel centro, nell’anti-centro, in qualche radicale nostalgico, nei poeti locali e, se serve, anche nella chat del calcetto.

Intanto il Campo Largo, che già come nome fa venire in mente o l’agricoltura o una distesa abbandonata, si è ridotto a Campo Minato.
Ci sono i 5 Stelle, Sinistra Italiana, Controvento, Rifondazione, Radicali, ambientalisti, cantautori, esegeti di Gramsci e sciamani del destino scritto altrove. Tutti uniti nel dire che Nargi e Festa sono la stessa cosa, salvo poi litigare su chi siede dove, chi firma cosa, chi ha tradito chi.

Riflessione fuori campo di Sisina a lavannara

“Pare un gruppo WhatsApp di condominio: buongiorno, chi ha votato ieri col nemico? Ah, scusate, era mio cugino travestito da consigliere!”

Giancarlo Giordano, Amalio Santoro, Montefusco, Radicali, Comunisti, M5s, ambientalisti, poeti e cantastorie locali: tutti a spiegare con parole molto chiare che il problema non è solo Festa, ma tutto il circo. Salvo poi accusarsi tra loro di “accordi sottobanco”, “tradimenti”, “alleanze da osteria” e “servire se stessi invece della comunità”. Altro che Campo Largo: qui siamo in una partita a Risiko in cui tutti marciano su Kamchatka ma nessuno ha capito dov’è il tabellone.

Le assemblee sembrano più delle sedute spiritiche: “Chi siamo? Dove andiamo? Perché Gengaro non è più portavoce?”
Risposta: perché a Palazzo di Città oggi vale tutto e il contrario di tutto. Basta che si possa fare un post indignato su Facebook o un comunicato stampa con parole tipo “coesione”, “discontinuità”, “senso di responsabilità”, possibilmente nella stessa frase.

Ma il capolavoro, il vero picco della distorsione morale, è l’utilizzo strumentale del centro per l’autismo. Un tema tragico trasformato in leva politica per giustificare un inciucio. Una mossa talmente cinica che nemmeno in House of Cards avrebbero osato. E qui non siamo a Washington. Siamo ad Avellino, e pure in mutande.

Riflessione fuori campo di Sisina a lavannara

“Usano i bambini per coprire un’alleanza impresentabile. La vera emergenza qui è la mancanza di dignità, non il commissario”.

E così si va avanti, in questa parodia grottesca della democrazia. Nessuno vuole la responsabilità del disastro, ma tutti vogliono decidere chi affondare con stile. I comunicati aumentano, la città muore di noia e di burocrazia, i fondi del Pnrr evaporano, e le persone reali si arrangiano come possono, tra marciapiedi rotti e servizi essenziali mai partiti.

Una versione avellinese del Mago Otelma: “Qua ci vorrebbe il TSO. Altro che governo di scopo. Commissariate tutto. Mettetece ‘na nonna al comando. Una di quelle che urlano in dialetto e ti raddrizzano con uno sguardo e se sbagli, ti mette a posto con una scarpata in testa. Solo così salviamo Avellino”.
Morale?
Avellino non ha bisogno di un'altra alleanza da osteria, di un’altra sfiducia, di un’altra mozione scritta col ciclostile. Ha bisogno di una sveglia collettiva. E forse, anche di un esorcista.