Riforma della giustizia, Di Pietro: "Chiudere un cerchio aperto nel 1989"

Confronto tra il sì e del no nell'aula magna "Rosario Livatino" del Tribunale di Avellino

Avellino.  

Nell'aula magna "Rosario Livatino" del Tribunale di Avellino confronto sulla riforma della giustizia che prevede la separazione delle carriere tra magistrati requirenti, i pubblici ministri, e quelli giudicanti. Tra i favorevoli c'è l'ex magistrato ed ex ministro Antonio Di Pietro che ha raggiunto l'Irpinia per il dibattito. "Dal 1989, è stato sancito che ci siano due parti distinte, il Pubblico Ministero e la difesa, con un giudice terzo come prevede la Costituzione. Dalle mie parti, e probabilmente anche dalle vostre, se c'è un "terzo", vuol dire che esistono anche un "primo" e un "secondo". Ma cosa può pensare una persona che entra in un’aula di giustizia, se uno dei due fosse fratello dell’altro? Io penso che completare il cerchio di una riforma, iniziata nel 1989, non significhi lavorare contro la magistratura, ma lavorare per i cittadini. - ha spiegato Di Pietro - Purtroppo, nel corso degli anni, e in particolare durante il periodo berlusconiano, si è tentato di mettere il cappello sopra questa riforma, e con la scusa di riformare, si è voluto allontanare il Pubblico Ministero dalla giustizia. Su questo punto, io sono fermamente contrario. L'importante è che rispetti la legge, che sia sempre sottoposto alla legge, che sia sempre autonomo. Dopodiché, se diventa più forte, tanto meglio per i cittadini".

Scontro aperto tra le ragioni del sì e del no

Scontro aperto sulle posizioni in un dibattito tra le ragioni del sì e del no: "È un no legato alla struttura della riforma. - ha affermato l'avvocato Raffaele Tecce, consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Avellino - Anche i magistrati sono d'accordo rispetto ai problemi che abbiamo sollevato perché l'idea che si è data della magistratura, parlo della questione Palamara, offende i magistrati quotidianamente lavorano in maniera seria". "Non vedo ragioni perché si debba votare no, perché si debba essere contrari ad una riforma che è quasi naturale, la naturale prosecuzione del giusto processo, la naturale prosecuzione del processo accusatorio di 35 anni fa. - ha spiegato l'avvocato Gaetano Aufiero, presidente della Camera Penale Irpina - Ma come si può pensare di essere contrari ad una riforma del genere? È come essere contrari al principio di uguaglianza".