«I migranti ci portano la tubercolosi: salvate i nostri figli»

San Potito, paese di nuovo in piazza. Arrivano i Carabinieri. Cittadini scatenati: il video.

(Clicca sulla foto di copertina e guarda il servizio video) Dopo la protesta di ieri, cittadini di nuovo in strada. Mentre l'Asl ha effettuato un sopralluogo nella struttura che dovrebbe ospitare gli immigrati in arrivo.

San Potito Ultra.  

 

di Andrea Fantucchio 

Il vulcano delle preoccupazioni che attanagliano il comune di San Potito Ultra e i suoi residenti è ormai eruttato. Dopo la protesta di ieri pomeriggio di alcuni abitanti che hanno manifestato il proprio dissenso per l'arrivo degli immigrati, oggi i cittadini sono scesi di nuovo in strada per accogliere i tecnici incaricati dall'Asl di verificare le condizioni della struttura che dovrà ospitare i profughi. (Clicca sulla foto di copertina e guarda il servizio video)

I Carabinieri sono intervenuti per evitare che la situazione degenerasse. I cittadini hanno allora approfittato delle telecamere di Ottochannel, intervistati dal collega Angelo Giuliani, per esprimere tutte le proprie preoccupazioni.

I commenti sono simili.

«La tubercolosi sta infettando tutto il paese (tre i casi finora registrati, un immigrato, un cittadino rumeno e un dodicenne del posto). I nostri figli possono ammalarsi: non ci abbandonino».

«Obbligano il nostro piccolo Comune, sempre tranquillo, a diventare razzista».

«Ora hanno sospeso i trasferimenti degli immigrati perché mancano delle carte (il parere di idoneità urbanistica), ma tra dieci giorni torneranno: e non so se riusciremo a fermarli».

E' chiaro che la tensione è alle stelle: alimentata dai fatti di cronaca delle scorse settimane. I casi di tubercolosi registrati, che hanno coinvolto anche un giovanissimo, fanno da cassa di risonanza per una preoccupazione mai davvero sopita. A questo si aggiunge il malessere per l'arrivo dei migranti: arrivo letto da gran parte della comunità come un'invasione.

Sulle ragioni abbiamo ampiamente discusso nei precedenti articoli: le proteste alle quali stiamo assistendo sono il risultato di quanto abbiamo previsto da mesi. E cioè il collasso di un sistema d'integrazione che ha fallito sotto diversi aspetti. In primis perché ha permesso a settantasette comuni irpini di tirarsi indietro e non ospitare alcun migrante.

Questo ha creato delle sproporzione evidenti: paesi che ospitano un numero ingestibile di immigrati. Su tutti Monteforte Irpino (344 su 10878) Mercogliano (154 su 12403) Frigento (144 su 3965) quindi Prata, Serino, Ariano Irpino, Pratola Serra, Manocalzati, Venticano tutti oltre i 100 richiedenti asilo se quindi oltre la quota dello 2,5% ogni 1000 abitanti.

Se invece i 2380 migranti ospitati in provincia fossero distribuiti equamente su una popolazione di 400mila abitanti, ogni comune non ospiterebbe più di 20 richiedenti asilo.

Ovvio che per immaginare una simile soluzione è necessario cambiare il tipo di integrazione offerta: adottando il sistema degli Sprar del quale vi abbiamo più volte parlato.

Sistema che permetterebbe ai Comuni di esercitare la, “clausola di salvaguardia”: che consente all'ente di non aprire centri d'accoglienza straordinari (i Cas). E quindi di limitare l'arrivo a tre immigrati ogni mille abitanti. Oltre a scegliere i migranti che vengono accolti: quasi tutte famiglie già residenti sul territorio che potrebbero integrarsi attraverso diverse attività che coinvolgerebbero anche giovani del posto creando occupazione. Pensiamo alla nascita di cooperative miste con all'interno proprio ragazzi irpini e migranti.

Senza dimenticare il controllo delle strutture che sarebbe in mano a Comuni e cittadini: senza passare per cooperative e privati che stanno speculando sugli arrivi degli immigrati arricchendosi oltre misure e offrendo spesso servizi disumani. In proposito vi invitiamo a investire due minuti per ascoltare le proteste di alcuni immigrati ospitati a Paternopoli che questa mattina erano al corso di Avellino per protestare. Hanno denunciato l'assenza di assistenza sanitaria.

In Irpinia oggi però sono soltanto 8 i comuni che ospitano dieci progetti. Mentre altri 66 paesi lasciano la gestione degli immigrati a privati e cooperative: l'emergenza immigrazione è quindi volutamente studiata o quantomeno accettata.

Concludiamo parlando dell'altra grande preoccupazione di questi giorni: quella legata alla tubercolosi.

Anche in questo caso i dati ci offrono un quadro diverso rispetto a quello dettato dall'emotività, comunque giustificata, del momento. I ricoveri per TBC, come spiegato più volte dal primario di malattie infettive dell'ospedale San Giuseppe Moscati, Nicola Acone, sono in linea con quelli degli ultimi tre anni.

Ma allora perché tutta questa paura?

Pesano sul giudizio della collettività otto casi registrati in Campania dall'inizio del 2017: fra questi dei giovanissimi. 

A partire dal dodicenne di San Potito Ultra ricoverato perché affetto da TBC. Ricovero al quale è seguita la chiusura della scuola avellinese, Leonardo Da Vinci, dove il ragazzino è iscritto.

Poi il Prefetto ha parlato di due immigrati, ospitati in una struttura di San Potito, portatori sani di TBC e di un cittadino rumeno sottoposto a TSO (trattamento sanitario obbligatorio) perché, nonostante abbia manifestato i sintomi della tubercolosi, ha più volte rifiutato il ricovero in ospedale. Fino alla disposizione del commissario prefettizio di San Potito Ultra, Mario La Montagna. L'uomo è stato poi trasportato "Da Procida" di Salerno.

Cittadino rumeno che ha viaggiato sullo stesso bus del dodicenne di San Potito e della quindicenne di Salza Irpina risultata positiva alla TBC. Probabilmente è lui il focolaio dell'infezione e non qualche immigrato residente in paese.

L'ultimo ricovero, che ha coinvolto sì un richiedente asilo, è stata la miccia che ha appiccato il fuoco divampato in questi due giorni a San Potito. Ora più che mai è necessario un intervento delle istituzioni che debbono fronteggiare la gestione dei flussi migratori: Prefettura, Comuni, Asl per studiare un piano comune e soprattutto informare la cittadinanza.

In un simile momento storico, infatti, ogni forma di disinformazione strumentale e di decisioni dettate dalla pancia sono potenzialmente devastanti poiché potrebbero innescare un'esplosione sociale difficilmente controllabile.

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