Omicidio Tornatore: «Cadavere distrutto senza platealità»

Ecco perché la Cassazione ha fatto cadere la contestazione del metodo mafioso attribuito a Rainone

Avellino.  

 

di Andrea Fantucchio 

Non c'è stata platealità della condotta di distruzione del cadavere, tipica invece nei contesti di criminalità organizzata. Le motivazioni che emergono dalla sentenza con la quale la Cassazione ha accolto il ricorso del 30enne di Fisciano, Pasquale Rainone, facendo cadere l'aggravante mafiosa per l'imputato, accusato di distruzione di cadavere, nel processo sull'omicidio di Michele Tornatore. Il 53enne che due anni fa è stato trovato carbonizzato in una Nissan Almeira parcheggiata in una discarica a Contrada.  Per il concorso in omicidio è finito a processo anche Francesco Vietri, 54enne di Montoro. L'avvocato che ha curato il ricorso di Rainone, Marino Capone, ha evidenziato anche come non fosse dimostrabile il favoreggiamento di un clan, quello dei Genovese, la cui esistenza è collocata troppo indietro nel tempo: l'ultima sentenza risale infatti al 2003.

Gli Ermellini chiariscono come non siano indicate modalità nell'incendio tali da poter evidenziare una pressione psicologica esercitata su una o più persone di una collettività. Elemento decisivo per individuare appunto il metodo mafioso. Come accaduto ad esempio, recentemente, per il caso di Roberto Spada condannato a oltre sei anni di reclusione per la testata data a un giornalista. In quella vicenda, i giudici hanno motivato l'esistenza dell'aggravante mafiosa con la platealità racchiusa nel gesto: eseguito dinanzi a una telecamera così da "mandare un messaggio" a tutta la comunità. 

I magistrati hanno poi aggiunto che l'ordinanza impugnata per Rainone debba essere rinviata al Riesame al di Napoli per discutere nel merito sulle esigenze cautelari: l'imputato, al momento, si trova infatti ancora in carcere. Intanto l'inchiesta continua. E oltre a Rainone e Vietri ci sono altre tre persone sotto indagine.