Morto suicida in carcere: «Mi diceva non voglio più stare lì»

Caso Luigi Della Valle. Un anno dopo. Parla la compagna: «Continuate con le indagini»

L'ex compagna di Luigi Della Valle, morto suicida in carcere un anno fa, chieda che le indagini di Dap e Procura non si fermino. E che venga portata alla luce la verità.

Avellino.  

 

di Andrea Fantucchio 

«Non ce la faceva più a stare in carcere. Me l'aveva detto poche settimane prima di morire. Mangiava solo quello che gli portavo da casa». La voce rotta dal pianto. Maria Rosaria Landi, a un anno dalla morte in carcere del 44enne Luigi della Valle, chiede la verità sul decesso del compagno. L'uomo, originario di Montoro, si è impiccato in cella nel penitenziario avellinese di Bellizzi lo scorso 18 luglio. Per l'accaduto sono state aperte un'inchiesta della magistratura e una del Dap (dipartimento dell'amministrazione penitenziaria).

Questa mattina, nello studio legale dell'avvocato Francesco de Beaumont, si è tenuta una conferenza stampa. L'ex convivente di Della Valle, rappresentata dalla penalista Rosaria Vietri, vuole che l'indagine non si areni. Un caso emblematico per parlare dell'emergenza nelle carceri. Ci sono i numeri citati proprio dal legale: «Cinquantaquattro casi di suicidi nei penitenziari italiani da inizio anno. Va potenziato il personale della polizia penitenziaria, devono essere amplificati i supporti specialistici. Psichiatrici e psicologi. Visto che le Rems, create per ospitare ospedali psichiatrici, sono in sovraffollamento».

Secondo i familiari Della Valle avrebbe meritato una assistenza differente. Anche perché, nei giorni precedenti al suicidio, il 44enne avrebbe già provato a uccidersi due volte. Ma il compagno di cella gli aveva salvato la vita. Un aspetto sul quale la difesa aveva già spinto i magistrati a fare chiarezza.

Il detenuto, dopo un passato con problemi legati all'alcol e alla tossicodipendenza, aveva bisogno di una assistenza specialistica che avrebbe potuto salvarlo. E' quanto sostenuto dai familiari che hanno sporto denuncia per istigazione al suicidio contro ignoti.

In proposito D'Acunto ha citato anche «un contributo che l'Asl versa ai penitenziari destinati all'assistenza sanitaria ai detenuti». Argomento che è stato affrontato nelle scorse settimane anche dai sindacati di polizia. Dalle cure inadatte per alcune patologie all'assenza di professionisti specializzati nell'assistenza psicologica dei detenuti. Soprattuto in un momento particolare della loro vita. Quando l'assistenza sanitaria sarebbe poi il tassello imprescindibile per procedere con il reinserimento del carcerato nella società. Fine ultimo del sistema carcerario italiano.