Le promesse di Gentiloni nella terra dei nuovi emigranti

Avellino. Per il premier il centro per l'impiego è un'occasione da non perdere.

E' certo un segnale, ma da solo non basta. Serve anche ripartire dal sostegno ad un tessuto produttivo in affanno e a tanti giovani, impegnati nell'innovazione o nel ritorno all'agricoltura. Senza dimenticare chi vive con la pensione sociale...

Avellino.  

 

di Luciano Trapanese

Un premier che parla in un centro per l'impiego non può che discutere di lavoro. E toccare uno dei temi più caldi di questi anni. Soprattutto al sud. E soprattutto in un capoluogo come Avellino.

All'esterno del centro per l'impiego di contrada Baccanico, una piccola folla. Precari, disoccupati, giovani.

Mentre Paolo Gentiloni snocciola i buoni propositi e le prospettive positive di un ufficio che dovrà accompagnare al lavoro migliaia di persone alla disperata ricerca di occupazione, è difficile non pensare alla situazione attuale. A quell'oggi che non corrisponde alle speranze del premier.

Per Gentiloni «questa è una grande occasione per rafforzare il lavoro e l'impiego nel Mezzogiorno». (qui le dichiarazioni del presidente del consiglio). Potrà anche essere. Ci auguriamo che lo sia. Non ci aspettiamo la soluzione a una questione epocale (e antica, almeno a queste latitudini), ma almeno una traccia, un percorso, un filo rosso che consenta a chi è fuori dal mondo del lavoro di coltivare una concreta possibilità di inserirsi.

Gentiloni ha toni pacati, non usa né slogan, né slide. Non è un trascinatore di folle, ma un leader che sembra animato da pratico buon senso. Non suscita entusiasmi e rabbia. Sentimenti che non sempre combaciano con il necessario pragmatismo imposto da questi tempi difficili.

Non sappiamo se basterà. E neppure se la strutturazione di questi centri dell'impiego sarà efficiente e capace di rispondere alle esigenze degli utenti e delle aziende. E se riuscirà a correggere aspetti del jobs act che non hanno funzionato.

Il lavoro è diventato flessibile, ma non ci sono adeguati ammortizzatori sociali. E soprattutto non sono stati creati quei luoghi necessari (come i centri per l'impiego, appunto), capaci di indirizzare e sostenere le persone rimaste senza occupazione.

All'uscita il premier (questo episodio è stato filmato e sarà presto raccontato ai nostri lettori dal collega Andrea Fantucchio), è stato fermato da un pensionato: «Presidente lei parla di lavoro, e fa bene, ma non dimentichi chi ha una pensione sociale e non riesce ad arrivare a fine mese».

Altra questione. E un altro dramma sociale, troppo spesso dimenticato. Accantonato. C'è chi arriva a pensare che essere pensionato oggi sia già un privilegio. Anche a cinquecento euro al mese...

La presenza del premier ad Avellino racconta anche una attenzione per le realtà cosiddette marginali. Dove batte il cuore pulsante di un'Italia che in larga parte è fatta di città simili al capoluogo irpino.

Dopo l'arrivo dei fondi per la riqualificazione delle periferie, l'incontro al centro dell'impiego di contrada Baccanico, conferma almeno una inversione di rotta. Non servono grandi palcoscenici. Iniziare dalle piccole cose e cercare di trasformarle in occasioni – per riprendere le parole di Gentiloni - «da non perdere».

Il breve discorso del premier non è condito di promesse ma di premesse da trasformare in cose concrete. Con il supporto di tutti.

Non basta comunque un centro per l'impiego per creare occupazione. Il tessuto economico della provincia è formato anche da tante piccole e medie imprese che sono spesso in affanno. E avrebbero bisogno del necessario sostegno. Come di sostegno hanno necessità la tante aziende agricole nate in provincia e che ricompongono quel puzzle spezzato quarant'anni fa, quando si decise – in modo scellerato – di distruggere l'agricoltura investendo tutto sulle industrie.

E il sostegno non può e non deve mancare a giovani sempre più sfiduciati e con le valigie pronte. Coltivare e non spegnere il loro entusiasmo è un obbligo per tutti. Per farlo non basta un centro per l'impiego. E' un piccolo passo. Ne servono tanti altri. E presto.