Depurazione Avellino, La Procura chiede il fallimento del Cgs

Sindacati e lavoratori del comparto in allarme. sabato primo confronto con i vertici della società

depurazione avellino la procura chiede il fallimento del cgs

Secondo il Pm a Società consortile per la gestione dei servizi di Avellino in liquidazione mostra un’esposizione debitoria di quasi 20 milioni di euro

Avellino.  

Depurazione in provincia di Avellino, si annunciano giorni difficili per i lavoratori del comparto. La Procura, con il pubblico ministero Vincenzo Russo ha chiesto al presidente del Tribunale di Avellino di «dichiarare il fallimento della Società consortile per la gestione dei servizi di Avellino in liquidazione»,a seguito della mancata omologa del concordato.

La notizia della richiesta di fallimento ha allarmato sindacati e lavoratori perché potrebbe mettere in discussione anche le prospettive dell’Asidep, la società che ha rilevato dal Cgs il fitto di ramo d’azienda della depurazione. Sabato ci sarà un primo confronto tra i sindacati, il presidente dell’Asi ed i vertici della società, con il presidente e amministratore delegato Vanni Chieffo, mentre lunedi 6 giugno le parti sono convocate in Prefettura nell’ambito della procedura di raffreddamento avviata dalle stesse organizzazioni di categoria.

Intanto la prima udienza camerale è fissata per il prossimo 14 giugno per “l’audizione della debitrice, dei commissari giudiziali, di altre parti interessate e per l’esame delle eventuali istanze di fallimento, in considerazione della situazione di insolvenza della società proponente la richiesta di concordato»

Secondo il pubblico ministero «Dalla documentazione fondante il decreto di ammissione alla procedura concordataria – emerge una situazione patrimoniale e finanziaria caratterizzata dalla incapacità di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni».

In base all’ultimo bilancio del 2019 la Società consortile per la gestione dei servizi di Avellino in liquidazione mostra un’esposizione debitoria di quasi 20 milioni di euro, «a fronte di un attivo di neanche cinque milioni di euro e di ricavi lordi di circa un milione e mezzo di euro». Nella richiesta di fallimento per il Cgs, il Pm sottolinea «la mancata registrazione di utili sin dall’anno 2010» e «un fatturato diminuito di poco meno dell’85% rispetto al 2018, anno in cui si registra l’esperimento vano di un tentativo di soluzione della crisi aziendale con la proposizione di un primo ricorso per concordato preventivo in continuità mediante il fitto all’Asidep, anch’essa società interamente partecipata da un socio pubblico, del ramo d’azienda costituito da beni e rapporti giuridici organizzati per lo svolgimento e la gestione degli impianti di depurazione degli agglomerati industriali di competenza del consorzio».

Il pm fa riferimento pure al significativo incremento dell’esposizione debitoria nei confronti del fisco, cresciuta di oltre 300mila euro in appena due anni, «durante la pendenza della precedente procedura concordataria, per via delle spese per sanzioni e interessi tributari per mancati e ritardati pagamenti dell’erario».