19-06-2005... Quando l'Avellino fece piangere il Napoli

10 anni fa l'impresa dei lupi. Il ricordo di quel trionfo, impresso nella mente dei tifosi irpini

Avellino.  

"Ma tu ci credi alle favole?". Certo, se la domanda venisse posta ad un bambino la risposta sarebbe quasi sicuramente un "sì". Rispetto ai grandi hanno dalla loro parte una capacità maggiore nel sapere immaginare, nel saper sognare ad occhi aperti. Ma se la stessa domanda venisse posta ad un adulto quale sarebbe la risposta? Beh, dipende dalla fede calcistica. Sì, perché i tifosi dell'Avellino, per esempio, hanno iniziato a credere alle favole fin dalla fine degli anni settanta, con la conquista della Serie A. In tempi recenti l'episodio che ha consentito agli appassionati biancoverdi di cancellare qualsiasi dubbio sulla risposta da fornire alla domanda "Ma tu ci credi alle favole?" accadde il 19 giugno del 2005. Precisamente dieci anni fa.

Per una favola che si rispetti c'è bisogno di un luogo, di un protagonista, di un antagonista e di una storia da sviluppare. Il luogo è il Partenio-Lombardi (dieci anni fa solo Partenio). Il protagonista principale è l'Avellino, il suo antagonista il Napoli. La storia da sviluppare ruota intorno ad una Serie B da conquistare al termine di una doppia finale play off non adatta ai deboli di cuore. Nella prima gara disputata sette giorni prima al San Paolo, il Napoli non era riuscito a piegare la resistenza di un Avellino coriaceo, combattivo, determinato.

Strano però. Perché il Napoli, fallito l'estate precedente e salvato dal dilettantismo dal Lodo Petrucci creato ad hoc per consentire ai partenopei di non "sporcarsi le mani" in una categoria che l'Avellino e i suoi tifosi impararono a conoscere appena quattro anni dopo, aveva dalla sua parte i favori del pronostico. In realtà glieli avevano affibbiati ad inizio campionato. Avrebbe dovuto dominarlo quel torneo. Non ci riuscì per diversi motivi. Ci provò l'Avellino che tenne testa al Rimini fino a tre giornate dal termine, prima di arrendersi alla continuità della formazione romagnola.

E a quel punto c'era solo un altro posto in Paradiso da occupare. Ecco perché Avellino e Napoli si diedero battaglia come gladiatori nell'arena. Un'arena stracolma di spettatori. Trentamila cuori pulsanti all'unisono, senza distinsione colore. Avellino e Napoli, l'uno contro l'altro nel derby campano più sentito ("Il derby è uno", sottolineano i tifosi irpini, per De Laurentis "irpinesi"). La stagione precedente lo stesso derby si era macchiato di sangue. E chi se lo dimentica. L'Avellino, per molti addetti ai lavori vittima sacrificale di quel Napoli, rischiò di soccombere un paio di volte nel primo tempo, più per suoi demeriti che per meriti degli azzurri. Poi il primo colpo di scena. D'altronde siamo in una favola, no? Calcio d'angolo battuto da Millesi. La traiettoria è bassa, sfila in mezzo ad una selva di gambe e arriva per magia sul destro di Biancolino. Rete. 1-0. Boato. Biancolino, nato a Capodichino, non esulta. Lo aveva fatto solo qualche mese prima, dopo il gol realizzato al Napoli in campionato. Pochi giorni dopo le sue due automobili furono date alle fiamme. Meglio non ripetersi.

Termina il primo tempo. Inizia la ripresa. Pronti, via e Marelli di Como indica il dischetto. Bonomi, difensore azzurro, stende in area Vanin, centrocampista biancoverde. Calcio di rigore ed espulsione. Dagli undici metri si presenta Moretti. Freddo, glaciale, nonostante i trenta gradi segnalati dai termometri. Tiro, gol. 2-0. Il Partenio-Lombardi è in estasi. Ma come? Il "piccolo" Avellino sta battendo il "grande" Napoli. Non è possibile, invece sì. A venti minuti dalla fine dell'incontro, Sosa prova a rendere più difficile la vita alla formazione di casa. 2-1. Brividi, tensione, pathos, invasione di campo. Non è finita. Poi sì. Il triplice fischio finale. Gioia, lacrime, passione, Serie B. E tu...ci credi alle favole?

Carmine Roca