Tumore seno: informazione, prevenzione e una rete di qualità

Tantissimi contributi al focus dell'azienda ospedaliera San Pio

Benevento.  

L'obiettivo: assicurare gli stessi livelli di assistenza sanitaria in ogni zona d'Italia. Facile a dirsi, più complicato a farsi. Ancor di più adesso che all'orizzonte si profila il rischio della regionalizzazione differenziata che annullerebbe il principio costituzionale di sussidiarietà e creerebbe gravi problemi al Sud. Dove ci si ammala di meno di carcinoma della mammella, ma si muore di più rispetto ad altre aree del Paese. Che fare? Certo che non porta ad alcunchè il vittimismo, il piangersi addosso. Perchè in Campania, e a Benevento, non mancano capacità e professionalità evidentemente riconosciute se si pensa che dal 2015 al 2017 il 53% delle donne colpite dalla patologia ha scelto di rivolgersi al Rummo, alla sua Unità di senologia. Le altre hanno optato per centri regionali e, solo per il 15%, extraregionali.

Percentuali che urlano a gran voce la necessità di superare carenze logistiche, di organico ed organizzative alle quali è chiamata a fornire risposte la politica. Che, ad onor del vero, la sua parte l'ha fatta – e deve sempre più continuare a farla con decisioni slegate da forme di appartenenza - nell'emanare le linee guida per l'istituzione delle Breast Unit (gruppi multidisciplinari) che quattro Regioni non hanno ancora recepito, a differenza di altre otto, tra le quali la Campania, che non hanno però completato l'intero processo, già definito invece in altrettante realtà. C'è tanto da lavorare, insomma, perchè la situazione diventi omogenea e non resti a macchia di leopardo. Argomenti complessi, sui quali il focus organizzato dall'azienda ospedaliera San Pio, e di cui è stato responsabile scientifico il dottore Pasquale Zagarese (è al vertice della Unità operativa di senologia), ha raccolto decine di voci.

Contributi altamente scientifici su diagnosi e terapia, e di valenza maggiormente divulgativa, riservati all'opinione pubblica. Ad una popolazione femminile che è diventata sempre più cosciente: lo indica quel 70% che ha fatto ricorso a centri che trattano almeno 135 casi all'anno. Nuclei sui quali costruire una rete di eccellenza che sia in grado di diminuire, fino ad azzerarle, le differenze che esistono tra un territorio e l'altro, garantendo ovunque prestazioni di qualità che vanificherebbero il fenomeno della migrazione sanitaria.

Servono investimenti mirati, serve fare rete. Mettendo in connessione il medico di famiglia, il primo baluardo, con le professionalità delle Breast Unit: oncologi, senologi, radiologi, anatomopatologi, radioterapisti e psiconcologi supportati da infermieri specializzati, e con le associazioni di volontariato impegnate a livello locale e nazionale. Tutti insieme, come un solo corpo, per la salute ed il benessere della paziente. Dal 2010 al 2014 nella nostra provincia sono stati 938 i casi di tumore del seno (età media 61,7 anni), 238 le vittime (età media 70 anni).

Sotto con l'informazione nelle scuole, con l'insegnamento dell'autopalpazione, con la diffusione della cultura della prevenzione. Il futuro si chiama genomica ed immunologia, il presente rimanda alla diagnosi precoce, alla mammografia che ogni donna, dai 40 anni in poi, dovrebbe praticare ogni dodici mesi, agli esami ai quali devono regolarmente sottoporsi anche le più giovani. La paura è normale, ma inutile: va affrontata.