"Il recente rapporto dell’Agenas sulla sanità campana non dovrebbe sorprendere nessuno. Stupisce semmai chi si meraviglia di fronte a una fotografia impietosa che era già tracciata negli atti aziendali: sarebbe bastato leggerli per tempo". Parte da qui Nicola Boccalone, già direttore generale AO Rummo.
"I dati parlano chiaro. L’Agenzia nazionale - prosegue- per i servizi sanitari regionali ha analizzato 1.117 strutture ospedaliere pubbliche e private su otto aree cliniche fondamentali. Solo 15 ospedali in tutta Italia raggiungono l’eccellenza rispettando tutti gli standard di legge. La Campania non figura tra le regioni virtuose, confermando un divario profondo con il Nord del Paese.
Le punte di eccellenza presenti in Campania testimoniano paradossalmente il fallimento del sistema nel suo complesso. Medici eccellenti e operatori instancabili si trovano a lavorare senza strutture e organizzazioni gestionali adeguate. Manca il supporto sistemico necessario per trasformare la competenza individuale in un servizio sanitario efficiente.
Il Paradosso delle Risorse
Le risorse economiche non mancano. La spesa pro-capite per la medicina ospedaliera è pressoché identica tra un cittadino campano e uno veneto. La differenza sta tutta nella resa: il Veneto primeggia per qualità e quantità dei servizi, mentre la Campania langue negli ultimi posti. Anche il costo della giornata per posto letto colloca la regione tra le più onerose del sistema nazionale.
La mobilità sanitaria passiva lo conferma: i campani spendono circa 300 milioni all’anno per curarsi al Nord, in quelli che vengono chiamati “viaggi della speranza”. Un dato che certifica il deficit gestionale della sanità pubblica regionale.
Lo Smantellamento dei Controlli
Il punto cruciale riguarda il sistema dei controlli. Uno dei primi atti della governance regionale di De Luca fu la cancellazione dell’ARSAN, l’agenzia deputata al monitoraggio della qualità dei servizi sanitari. Le sue funzioni furono trasferite alla Direzione Generale della Sanità e alla società So.RE.SA., in una logica di concentrazione verticistica.
I dati Agenas dimostrano che questo modello non ha funzionato. Le responsabilità sono diffuse: dagli organi di controllo interno a quelli esterni, dalle fasi di monitoraggio alle istituzioni che avrebbero dovuto lanciare l’allarme sulla reale situazione operativa.
Una Rete di Controlli Inefficace
Ogni azienda ospedaliera dispone di numerosi organi di vigilanza: strutture interne di controllo di gestione, risk management, Collegio sindacale, Organismo Indipendente di Valutazione. A questi si aggiungono i controlli esterni e il ruolo di indirizzo della Regione. Eppure il sistema è fallito nel suo complesso.
Il Futuro già in Ritardo
Il rapporto Agenas sul Decreto Ministeriale 77/2022 evidenzia un forte ritardo nella realizzazione di Case della Comunità e Ospedali di Comunità, strutture che entro metà 2026 dovrebbero modernizzare il servizio sanitario attraverso l’integrazione tra medicina territoriale e ospedaliera. Un’ulteriore tragedia annunciata.
Il Conto per i Cittadini
Ai cittadini campani, a fronte di servizi tra i più inadeguati d’Italia, viene riservato un trattamento fiscale tra i più pesanti: addizionali IRPEF regionali ai massimi livelli e TARI elevata per la mancata realizzazione della filiera impiantistica dei rifiuti.
Resta attuale la formula amara: “Tasse svedesi e servizi africani”. Un’espressione che sintetizza il divario insostenibile tra quanto i cittadini versano e quanto ricevono in cambio, non solo in ambito sanitario ma anche nella gestione dei rifiuti, delle acque e dei trasporti locali.
Al Presidente Fico rivolgiamo un appello urgente: ridare dignità ai cittadini significa garantire servizi adeguati, precondizione irrinunciabile per un vivere civile. Il Sannio non può più restare fanalino di coda: la sanità versa in condizioni critiche, con servizi scadenti e ospedali smantellati o mai attivati nonostante le promesse. Basta progetti che restano sulla carta. È necessario restituire centralità ai territori e assicurare un futuro concreto alle aree più marginalizzate".
