Uccise moglie a coltellate, definitivi i 16 anni a Mastroianni

Il 16 settembre 2014 il terribile delitto in una casa a contrada Cesine di S. Giorgio del Sannio

San Giorgio del Sannio.  

La condanna, adesso, è definitiva. E' stata la Cassazione ad apporre il sigillo finale sulla pena di 16 anni inflitta il 26 giugno 2015 con rito abbreviato, dal gip Roberto Melone, a Pasquale Mastroianni, ora 56enne, responsabile dell'omicidio della moglie: Elvira Ciampi, 49 anni, ammazzata il 16 settembre 2014 con oltre trenta coltellate nel garage-lavanderia della loro abitazione alla contrada Cesine di San Giorgio del Sannio.

Il giudice aveva accolto la richiesta del pm Flavia Felaco, che aveva diretto le indagini: anche lei, al pari dell’avvocato Vincenzo Speranza, difensore dell’uomo, aveva nella sua requisitoria messo da parte l’idea di un delitto premeditato (circostanza contestata nel capo di accusa), sulla quale aveva invece insistito l’avvocato Angelo Leone, per i tre figli, parti civili. Per ognuno di loro il pagamento da parte del padre di una provvisionale immediatamente esecutiva di 30mila euro ed il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede. Una sentenza confermata dalla Corte di appello, dinanzi alla quale la difesa aveva sollecitato – e lo stesso è accaduto con la Suprema Corte –, ma senza ottenerla, la concessione delle attenuanti generiche e di quella della provocazione che avrebbe determinato la riduzione della pena.

E' l'epilogo di una storia drammatica rimbalzata anche sugli schermi televisivi nazionali. Era stata la più piccola di casa, l'unica rimasta con i genitori, a far scattare l’allarme al rientro da scuola. Terribile la scena che carabinieri e soccorritori si erano trovati di fronte. Niente da fare per Elvira. Inutile ogni sforzo per strapparla ad un destino che si era purtroppo già consumato. L’autopsia curata dal medico legale, la dottoressa Monica Fonzo, accerterà in oltre trenta i colpi che le erano stati inferti. La vittima aveva deciso di interrompere il matrimonio. Era sicura che il legame si fosse ormai spezzato definitivamente. Pasquale non voleva. E dopo aver ripetutamente affondato la lama nelle carni della coniuge, aveva provato a chiudere per sempre i conti con la sua esistenza. Aveva tentato di impiccarsi, aveva ingerito un diserbante che aveva però vomitato, infine si era ferito al collo ed all'addome. Per questo era stato ricoverato in stato di arresto all’ospedale Rummo, dove il gip Sergio Pezza l’aveva successivamente interrogato.

«Non avevo alcuna intenzione di togliere la vita ad Elvira, non volevo che finisse così», aveva spiegato Pasquale. Lui ed Elvira avevano trascorso un bel po' di anni all'estero, poi erano rientrati in Campania, nel Cilento, dove erano rimasti fino al 2005, quando si erano trasferiti a San Giorgio del Sannio. Il loro rapporto, aveva evidenziato la difesa, era andato in crisi per le difficoltà economiche legate all'assenza di un'occupazione stabile. Pasquale lavorava giornalmente come bracciante agricolo, Elvira, talvolta, come badante. Una condizione problematica che aveva indotto la donna a dire basta a quel matrimonio.

L'avvocato Speranza aveva sottolineato che Pasquale era stato cacciato di casa, e che da settimane la sua Fiat Punto era diventata la sua dimora. Poi aveva ricordato l’episodio del 15 settembre – il giorno prima dell'omicidio- , quando l'uomo, approfittando dell’assenza della coniuge, si era recato presso l'abitazione di cui era comproprietario, per fare una doccia. Quando lo aveva scoperto, Elvira gli aveva intimato di lasciare la casa, chiedendo l'intervento dei carabinieri. Il dramma la mattina successiva, con l'ennesima lite sfociata nel delitto.

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