L'ha fatta finita - vedi altro servizio - sei giorni dopo essere tornato in carcere. Gabriele Barbato, 48 anni, di Baselice, non ha probabilmente retto al peso di ciò che l'attendeva: un futuro segnato dalla rottura del legame con la moglie, dopo un passato scandito dall'omicidio della madre, per il quale, nel luglio 2017, aveva terminato di scontare una condanna ad 8 anni e 8 mesi.
Si è tolto la vita nella casa circondariale di contrada Capodimonte, dove era detenuto da sabato scorso, quando i carabinieri lo avevano arrestato per maltrattamenti ai danni della coniuge, rappresentata dall'avvocato Salvatore Brancaccio.
Difeso dall'avvocato Federico Paolucci, era rimasto in silenzio dinanzi al Gip durante l'udienza di convalida.
Questa mattina si è impiccato in cella, forse con l'elastico degli slip. La polizia penitenziaria non ha potuto fare alcunchè, inutili i soccorsi. Epilogo drammatico di una esistenza tormentata dal rapporto conflittuale anaffettivo con la mamma, nei comportamenti ingiusti e denigratori che avrebbe avuto nei suoi confronti. Una condizione emersa nel secondo processo in appello, quando i giudici gli avevano ridotto ulteriormente la pena, riconoscendo a Barbato, ritenuto da una perizia psichiatrica parzialmente incapace di intendere e di volere al momento dei fatti, l'attenuante della provocazione per accumulo. Stabilendo, in soldoni, che la lite per il possesso dell'abitazione era stato solo il pretesto scatenante di un gesto violento, d'impeto, che affondava le sue origini nella problematica relazione con la madre.
Meno di due anni fa aveva riassaporato la libertà, incrociando le inevitabili difficoltà di chi deve reinserirsi in un contesto sociale. Poi, sabato, l'arresto. E, oggi, la tragica scelta.