Omicidio Matarazzo, scontro in aula tra Pm e difensori

Nel luglio 2018 il delitto a Frasso Telesino. Due gli imputati

omicidio matarazzo scontro in aula tra pm e difensori
Benevento.  

Normale fisiologia processuale, certo. Capita spesso, anche se a più riprese il clima respirato in aula questa mattina è diventato particolarmente animato, permeato dallo scontro tra accusa e difesa. 'Scariche elettriche' che hanno attraversato il dibattimento, in corso dinanzi alla Corte di Assise, sull'omicidio di Giuseppe Matarazzo, il 45enne pastore di Frasso Telesino ammazzato a colpi di pistola il 19 luglio del 2018 dinanzi alla sua abitazione alla contrada Selva.

Due gli imputati: Giuseppe Massaro (avvocati Angelo Leone e Mario Palmieri), 57 anni, di Sant'Agata dei Goti, e Generoso Nasta (avvocati Orlando Sgambati e Claudio Sgambato), 32 anni, di San Felice a Cancello – l'unico oggi presente -, arrestati il 28 dicembre del 2018 dai carabinieri. 

Massaro è accusato di aver fornito la Croma, guidata da Nasta, adoperata per portare a termine la missione di morte, e la 357 magnum, che gli era stata ritirata per una discrasia del numero di matricola, dalla quale – aveva accertato una consulenza balistica – erano stati esplosi almeno cinque colpi contro la vittima.

Al banco dei testimoni si sono accomodati il capitano Francesco Ceccaroni, ex comandante della Compagnia dell'Arma di Cerreto Sannita, che aveva redatto un'annotazione su un'auto vista circolare nei giorni precedenti, ed il maresciallo Mariano Principe, del Nucleo investigativo di Benevento. Per entrambi le domande del pm Francesco Sansobrino, degli avvocati Antonio Leone e Tullio Tartaglia – per i familiari della vittima, parti civili - e dei difensori.

Questi ultimi hanno concentrato l'attenzione, in particolare, sul tragitto dall'abitazione di Matarazzo a Sant'Agata dei Goti e viceversa, che non prevede il transito nel centro di Frasso Telesino, su pendenze e misure del teatro del delitto e sulla distanza dello stesso dalla strada. E' in quel piazzale che Principe aveva eseguito i rilievi, rinvenendo “un proiettile intero in una fioriera, un altro, deformato, nello schienale del sedile posteriore di una Golf, e un frammento di un terzo colpo sotto la spia dello stop di sinistra della stessa macchina”.

Era ferma in quell'area, al pari di una Mercedes. “Era mia”, ha gridato dal pubblico, quando ha sentito chiedere di chi fosse, il papà di Matarazzo, subito zittito dall'avvocato Antonio Leone.

Gli animi si sono surriscaldati quando l'avvocato Angelo Leone ha fatto riferimento all'incidente probatorio, “del quale questi difensori non sono a conoscenza”, che si era tenuto dinanzi al gip Flavio Cusani, nell'ottobre 2018, dopo la richiesta dell'avvocato Raimondo Salvione, difensore di Lucio Iorillo, all'epoca unico indagato, papà della 15enne che il 6 gennaio del 2008 si era tolta la vita impiccandosi ad un albero. Una vicenda che fa da sfondo all'omicidio e ne rappresenta, secondo gli inquirenti, il movente: Matarazzo era stato condannato per abusi sessuali ai suoi danni, ed un mese prima di essere ucciso aveva terminato di scontare una condanna a 11 anni e 6 mesi.

Un appuntamento, quello dell'incidente probatorio, nel corso del quale il professore Ciro Di Nunzio aveva ricevuto l'incarico di eseguire gli esami biologici su due cicche di sigarette, un sassolino ed un rametto. “Le sue conclusioni sono pervenute oggi”, ha immediatamente replicato il pm Sansobrino. Sono seguiti momenti di forte tensione dialettica: benvenuti al dibattimento. Prossima udienza il 12 marzo.