Immigrati illegali, promesse lavoro: 3 condanne, 8 assoluzioni

Pene da 4 a 5 anni nell'indagine della Digos

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Benevento.  

Tre condanne ed otto assoluzioni sono state stabilite dal Tribunale (presidente Pezza, a latere Polito, tornata da Napoli per l'occasione, e Loffredo) nel processo a carico delle undici persone- intermediari e titolari di aziende agricole– coinvolte, a vario titolo, in un'inchiesta del pm Marcella Pizzillo e della Digos su un giro di cittadini stranieri – 21 quelli indicati come parti offese, ai quali se ne aggiungono altri 12 non rintracciati – che sarebbero stati fatti entrare illegalmente in Italia con la prospettiva di un lavoro per il quale avrebbero sborsato migliaia di euro. Denaro che sarebbe finito in gran parte nelle tasche di chi avrebbe organizzato gli arrivi con la promessa di un'assunzione che non si sarebbe mai concretizzata o, in alcuni casi, durata solo alcuni giorni.

La condanna a 4 anni è scattata per Larbi Ghafir, 64 anni, e Hamid Ghafir, 37 anni, di Casalduni, mentre 5 anni sono stati inflitti ad Antonio Calabrese, 58 anni, di Foglianise. Assolti, perchè il fatto non costituisce reato, Mohamed Ghafir, 61 anni, Maria Procino, 47 anni, Angelo Palma, 50 anni, Irene Procino, 44 anni, Tonino Frascone, 51 anni, Filomena Procino, 50 anni, Bruno Palma, 54 anni, di Fragneto l'Abate; Antonino Casuccio, 62 anni, di Apice.  Stessa formula assolutoria, per altre accuse, per Larbi Ghafir e Hamid Ghafir.

Il pm Maria Gabriella Di Lauro aveva chiesto la condanna a 6 anni per Larbi Ghafir e Hamid Ghafir, e l'assoluzione degli altri imputati. Sono stati impegnati nella difesa gli avvocati Antonio Leone, Fabio Russo, Tiziana Genito, Tommaso Longobardi, Adriano Longobardi.

L'indagine era rimbalzata all'attenzione dell'opinione pubblica nel febbraio 2013, quando gli agenti della Digos avevano eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Flavio Cusani nei confronti di un Larbi Ghafir, successivamente tornato in libertà. L’attività investigativa, avviata nel 2008, era stata puntata su fatti che si sarebbero verificati fino al 2010, allorchè era stata depositata l’informativa conclusiva. Un’inchiesta supportata dalle intercettazioni telefoniche, dall’acquisizione di documenti e dall’escussione dei datori di lavoro. A questi ultimi sarebbero stati consegnati i moduli, già compilati, per le proposte di contratto di lavoro che avrebbero sottoscritto e presentato in prefettura. In questo modo sarebbe stato possibile ottenere il nulla osta all'ingresso in Italia.

Secondo la ricostruzione operata all'epoca dagli inquirenti, sarebbero state decine le vittime che nella nostra provincia avrebbero dato tra i 3500e i 7mila euro «a connazionali già presenti in Italia per ottenere di entrare» nel Belpaese «attraverso lo svolgimento di un lavoro stagionale fittizio». Tutto ciò avrebbe avuto come conseguenza la condizione di clandestinità nella quale sarebbero automaticamente finiti quanti avrebbero tirato fuori i soldi.