Forza, leoni: diamogli addosso, ora, ai carabinieri

Un anno fa l'uccisione di un carabiniere, ora gli arresti di alcuni militari a Piacenza

forza leoni diamogli addosso ora ai carabinieri
Benevento.  

Me le ricordo, eccome, quelle parole. Come potrei dimenticare quei 'commenti di fuoco', quell'ondata puzzolente che aveva invaso la rete?. Un anno fa, non chissà quando. Erano i tempi della fortissima emozione scatenata dall'uccisione di un carabiniere a Roma e dall'arresto di due cittadini americani, ora a giudizio, ma anche delle reazioni che aveva suscitato la diffusione della foto che ritraeva in caserma, bendato e con le mani strette dietro la schiena, uno degli indagati.

Apriti cielo, era successo il finimondo quando era stato legittimamente fatto notare come quella immagine non potesse appartenere alla civiltà giuridica di uno Stato di diritto. Espressioni che i 'leoni da tastiera', forse senza neanche comprenderne il significato, avevano bollato senza se e senza ma, giudicando indegno e al limite del 'favoreggiamento' criminale il pensiero di coloro che avevano richiamato l'attenzione sulla necessità di rispettare sempre e comunque le regole. Salvaguardando i diritti di chi finisce nelle maglie dello Stato, anche di colui che è ritenuto il peggiore di tutti.

Dal mio piccolo osservatorio anche io, ovviamente senza mettere in secondo piano e trascurare - chi, sano di mente, l'avrebbe fatto?- il dolore ed il dramma dei familiari del militare che aveva perso la vita, avevo sottolineato la gravità di quel fotogramma che aveva fatto il giro del mondo.

Rieccomi, a distanza di dodici mesi, a difendere, così come era accaduto con i giovani statunitensi, un principio. Che, stavolta, riguarda i carabinieri arrestati a Piacenza. Una bruttissima storia che, se sarà confermata, costituirà un'altra ferita all'onore dell'Arma; che ribadisce quanto sia fondamentale il ruolo di controllo del Pm sull'attività della polizia giudiziaria, e del Gip sui risultati che la stessa ottiene.

Per adesso, ed in attesa che i legali degli interessati facciano la loro parte, studiando gli atti dell'inchiesta, possiamo soltanto affidarci alle cronache redatte sulla scorta dell'ordinanza di custodia cautelare adottata. Uno spaccato, non tutto, dell'impianto accusatorio, che gli organi di informazione hanno corredato con foto di ogni genere, scegliendo soprattutto quelle che al meglio confortano, in questi casi, l'immaginario collettivo, incrociando soprattutto il senso di vendetta che attraversa sempre più la nostra società.

Non so se i militari si siano resi responsabili delle condotte che sono state loro contestate, se abbiano tutti giocato la stessa squallida partita, così come è stata ricostruita, infischiandosene del peso della divisa. Non so se l'abbiano macchiata, così come è già capitato ad altri, ma poco importa. Perchè ciò che provo a trasmettere è, come un anno fa, l'urgenza che all'opinione pubblica venga tolta quella benda che le impedisce di osservare ciò che la intossica dall'interno, rendendo assolutamente indispensabile che ne venga depurato il sangue avvelenato da anni di feroce caccia ad un colpevole senza uno straccio di processo.

I processi di questo tipo, innescati da un avviso di garanzia o da una misura cautelare, lasciamoli fare ai 'soliti noti' che anche nell'occasione, per non smentirsi, hanno menato botte da orbi. Stavolta ai carabinieri, a protezione dei quali, come corpo, avevano messo il petto in fuori nell'estate del 2019, bastonando a modo loro quanti avevano evidenziato determinate criticità.

Loro, i leoni, passano, per fortuna, ciò che resta è il rispetto dovuto comunque a chiunque resti intrappolato nelle reti tese da inquirenti ed investigatori: americani o carabinieri che siano. Perchè, anche se entrambe le situazioni, come dato che le accomuna, raccontano comportamenti inconcepibili per un tutore dell'ordine pubblico nei confronti di chi lo Stato ha in custodia, non esiste alcuna legge del contrappasso, ma solo la Costituzione. O, grazie ai social, è stata abolita?