Truffa del bancomat da 80mila euro a Cusano: tre condanne

Giudicati con rito abbreviato. A novembre processo per altre tre persone

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Benevento.  

Tre condanne con rito abbreviato ed altrettanti rinvii a giudizio sono stati decisi dal gup Loredana Camerlengo per le sei persone chiamate in causa, a vario titolo, da un'indagine sulla truffa del bancomat che, diretta dal sostituto procuratore Francesco Sansobrino, era rimbalzata all'onore delle cronache nell'ottobre del 2019, quando era stata eseguita una ordinanza di custodia cautelare.

In particolare, queste le condanne stabilite con una pena ridotta di un terzo per la scelta del rito: 2 anni e 8 mesi a Giuliano Patroncini, 69 anni, di Reggio Emilia, e Claudio Raineri, 67 anni, di Casalmaggiore, 2 anni e 2 mesi a Maria Marchese, 47anni, di Montecchio Emilia. Per tutti il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, alla parte civile -un 58enne di Cusano Mutri, assistito dall'avvocato Carmine Lombardi – ed il pagamento in favore della stessa di una provvisionale di 30mila euro. Il Pm aveva proposto 4 anni e 4 mesi per Raineri, 4 anni per Patroncini e 3 anni e 6 mesi per Marchese.

Dovranno invece affrontare il processo, che partirà il 12 novembre, Paolo Cusumano, 54 anni, di Caltagirone, Gaetano Ierardi, 47 anni, di Reggio Emilia, Patrizia Tallarico, 47 anni, di Reggio Emilia. Per gli imputati gli avvocati Christian Parisi, Liborio Cataliotti, Carmine Migale, Bendetta Masone, Pasquale Tinessa, Tiziana Tonon, Cinzia Feci, Helmut Bartolini Adelmo.

L'attività investigativa, avviata dai carabinieri e poi proseguita dalla polizia, era nata dalla denuncia di un artigiano che aveva raccontato la sua disavventura, iniziata quando aveva pubblicato su un sito on line l'annuncio della vendita di un autocarro. Secondo gli inquirenti, fingendosi interessato all’acquisto, qualcuno avrebbe contattato telefonicamente l’inserzionista, mediante utenze mobili intestate formalmente a cittadini stranieri (al fine di rendere impossibile o meno agevole la reale identità dell’interlocutore), e gli avrebbe chiesto di versare immediatamente in suo favore una somma di denaro a titolo di acconto per aggiudicarsi la vendita.

E ancora: la modalità di pagamento proposta era la “ricarica istantanea” di carte ricaricabili bancarie o postali di proprietà e/o in uso alle vittime, una tipologia di transazione presso sportelli Atm che risulta la più veloce per effettuare un trasferimento di denaro. Al fine di rendere più credibile la negoziazione e di carpirne la fiducia, alla vittima erano state inoltrate anche copia di documenti d’identità di persone ignare, già raggirate in precedenza.

La vittima sarebbe stata poi invitata a recarsi presso il più vicino Atm postale o bancario per ricevere subito la ricarica istantanea concordata. Presso lo sportello, inoltre, la persona offesa avrebbe contattato o sarebbe stata ricontattata per effettuare le presunte operazioni tecniche di accredito, e le sarebbe stato suggerito di inserire negli Atm la propria carta di credito o ricaricabile e di eseguire sul monitor una serie di operazioni per vedersi accreditato il denaro promesso.

In realtà, sostiene l'accusa, le procedure indicate telefonicamente inducevano la vittima in errore, in quanto le digitazioni eseguite non accreditavano alcun importo ma al contrario – inserendo il numero di carta nella disponibilità degli indagati- trasferivano istantaneamente denaro dalle carte della persona offesa a quelle in uso ai presunti truffatori. Nella maggioranza dei casi, le somme venivano parzialmente prelevate pochi minuti dopo dal loro accredito e 'riciclate' anche presso alcune sale giochi delle province di Reggio Emilia, Cremona e Parma,

La vittima, nell’immediato, non aveva materiale percezione dello spossessamento appena subito, in quanto l’operazione di “ricarica istantanea altra carta”, alla fine della procedura eseguita all’Atm, non consente di visualizzare l’effettivo saldo contabile e di conseguenza l’eventuale diminuzione del credito disponibile. La consapevolezza dell’addebito, invece che dell’accredito di somme, avveniva quindi solo a distanza di qualche ora, allorquando veniva effettuata dalla vittima una “stampa lista movimenti”.

A quel punto, il malcapitato sarebbe stato contattato da qualcuno che, fingendosi direttore di una filiale di Poste Italiane, gli avrebbe prospettato falsamente che i soldi già versati erano in realtà stati bloccati, intimandogli che per la loro restituzione sarebbe stato necessario versare ulteriori somme di denaro.

E così, di volta in volta, dopo i primi pagamenti effettuati agli inizi di maggio del 2018, la vittima sarebbe stata indotta a versare con altre operazioni (34 in tutto) ulteriori importi su diverse carte ricaricabili fino alla rilevantissima somma di 78.890,00 euro.