Usura, la Procura insiste: sequestro beni di Armando Piscopo

Appello contro il no del Gip al provvedimento contro il 45enne arrestato il 14 gennaio

usura la procura insiste sequestro beni di armando piscopo
Benevento.  

Sarà il Tribunale del riesame di Benevento, il prossimo 12 febbraio, a decidere sull'appello presentato dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e dal sostituto Giulio Barbato contro il no del gip Gelsomina Palmieri al sequestro dei beni di Armando Piscopo (avvocato Antonio Leone), 45 anni, della città, una delle cinque persone finite in carcere il 14 gennaio in una indagine antiusura della squadra mobile e dalla guardia di finanza.

Nel motivare il rifiuto opposto alla Procura, la dottoressa Palmieri aveva fatto notare che “l'ipotizzata sproporzione rispetto alla capacità reddituale posta alla base della richiesta viene meno se si considera che” la coniuge di Piscopo “nel mese di dicembre del 2009 risultava destinataria di una ingente somma di denaro a titolo di risarcimento, somma prelevata con quattro distinte operazioni, l'ultima nel febbraio del 2010. Orbene può dunque ritenersi che i beni di cui si chiede il sequestro siano stati acquistati con mezzi economici nella effettiva disponibilità” della moglie, “titolare di redditi propri o comunque di somme ottenute a titolo risarcitorio”. Tanto vale – aveva concluso - “ad escludere la sproporzione tra i redditi dichiarati e il valore dei beni di cui è chiesto il sequestro finalizzato alla confisca”.

Argomenti non condivisi dall'ufficio inquirente, che ha perciò impugnato la decisione, con l'obiettivo di ottenere il sequestro dei beni.

Come si ricorderà, l'attenzione degli inquirenti erano stata puntata sugli interessi, ritenuti usurari, che il titolare di un agriturismo sarebbe stato costretto a pagare su alcuni prestiti ricevuti. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia Piscopo aveva ricordato di conoscerlo da sempre, anche per essere stato un suo cliente in molteplici occasioni.

Aveva ammesso di avergli prestato nel 2011 la somma di 2mila euro, che l'interessato gli aveva restituito in due tranche da 1000 euro ciascuna, e senza alcun interesse usurario, ed aveva precisato il contenuto di una intercettazione, affermando che era stato l'imprenditore a chiedergli di fare da tramite con terze persone alle quali doveva dei soldi. A suo dire, era stato lo stesso imprenditore a offrirgli di aprire insieme un negozio: una prospettiva rifiutata alla luce delle difficoltà economiche che il proponente aveva.