Il pino indiavolato: Basta, mi avete rotto le... radici

Intervista esclusiva ad uno degli alberi a rischio lungo il viale Atlantici

il pino indiavolato basta mi avete rotto le radici
Benevento.  

E' rimasto in silenzio tanto tempo. Troppo. Ne ha ascoltate di tutti colori ed ha dovuto mordersi la lingua per evitare di controbattere. Ma ora si è stufato e, bontà sua, ha scelto di concedermi una intervista in esclusiva. Imponente e maestoso, uno dei pini che impreziosiscono il viale Atlantici ha deciso di scendere in campo. Ha scavalcato la transenna che lo delimita, limitandone la libertà, e si è concesso a cuore aperto al cronista. 

Cerco di rompere subito la diffidenza che ha comunque nei miei confronti. L'incipit – come sta?- è di una banalità sconcertante, e lui me lo fa notare. “Me lo chiede anche, come vuole che stia un albero che all'improvviso è diventato il terreno di scontro in una città che sembra attendere solo l'occasione per 'segare' qualcosa?”.

Secondo il Comune potreste rappresentare un pericolo per l'incolumità pubblica, proseguo. Mi sento il suo sguardo addosso, il nervosismo è palpabile. “Quindi dovrei essere tagliato ed ardere in un camino?”, risponde. Ha ragione, cerca riscontri che io però non posso offrirgli. Non capisco un'acca di piante e sono anche allergico ai fiori, maledizione. 

Gli faccio notare i risultati delle consulenze, i pareri, opposti, degli esperti illuminati. Gli ricordo che Palazzo Mosti nelle scorse ore ha depositato in Procura le conclusioni dello specialista al quale si è affidato, che ha classificato lui ed i suoi compagni di avventura in più fasce di rischio, prospettando la soluzione per ciascuna di esse. 

“Le sembra bello il trattamento che ci stanno riservando senza tenere in alcun conto il ruolo che abbiamo svolto?. Sanno, questi signori, la fatica fatta per osservare, senza restare asfissiati, il transito delle automobili, le passeggiate dei cittadini, gli abbracci ed i baci delle coppiette?”, sottolinea. “Non siamo mica di ferro, noi...”, aggiunge. 

Parole attraversate da una vena di malinconia che comprendo. Si attenderebbe delle certezze che non ho. Mi spiace davvero averla delusa, ma non sono in grado di anticiparle il destino che le toccherà, tento di giustificarmi. Mi colpisce: “Anche lei è come tutti gli altri, se ne frega...”. Non è vero, gli faccio notare. “Non è vero? Allora, a questo punto, gliela sbatto sulla barba l'unica verità. Non ne posso più, sono stufo: anzi, siamo stufi: ci avete rotto le... radici”, sbotta, agitando un ramo. Vado via, è meglio.