Riverberi, su il sipario con Hakon Kornstad e Banda del Bukò

Stasera dalle 21 all'Arco del Sacramento

Benevento.  

Si apre ufficialmente questa sera la terza edizione di "Riverberi", il jazz festival di Benevento e provincia ideato da Luca Aquino. L'appuntamento è fissato per le ore 21 all'Arco del Sacramento con il "Solo" di Hakon Kornstad, poliedrico artista norvegese capace di miscelare il canto lirico con le dolci note del suo sax. Kornstad, che tra le altre cose è un tenore dalla voce graffiante, è il solo musicista al mondo in grado di unire l'opera con il jazz e con l'elettronica. Tra i vari strumenti che utilizza, c'è il "flutonette", ossia un flauto accoppiato ad un bocchino per clarinetto ed un loop-box di sua creazione.

A seguire, alle ore 22, la Banda del Bukò presenterà "Rosmarinus", il suo primo cd, prima produzione della neonata etichetta "Riverberi" (in collaborazione con la Croce Rossa Italiana di Benevento). Rosmarinus è dedicato ad Emanuele Viceré, giovane componente della banda scomparso prematuramente la scorsa estate, e racchiude al suo interno tutta l'energia che la pianta aromatica è in grado di sprigionare e che, parimenti, il collettivo Bukò, che nasce come laboratorio di idee e di pratica musicale, è capace di esprimere. Giovedì sarà la volta di Paolo Angeli con il suo "Solo per Chitarra Preparata" (ore 22 presso i Giardini di Palazzo Casiello), l'inedito strumento a 18 corde progettato da lui stesso su richiesta niente poco di meno che di Pat Metheny. 

Håkon Kornstad, è un jazzista norvegese nato a Oslo nel 1977 (sassofono tenore, sassofono basso, flauto e live looping) e cantante di formazione classica (tenore) che si è formato al Conservatorio Musicale di Trondheim. Durante i suoi studi ha fondato il trio jazz Triangle insieme a Per Zanussi (basso) e Wetle Holte (batteria). Più tardi, Erlend Skomsvoll (pianoforte) e live Maria Roggen (voce) si unirono alla band, e questa formazione si evolse per formare la band Wibutee (1998). Ha anche messo insieme l’Håkon Kornstad trio con Paal Nilssen-Love e Mats Eilertsen (1998-2003). Ha collaborato con Håvard Wiik in due album di registrazioni in duo nel 2001. Ha fatto parte delle band di libera improvvisazione Tri-Dim e No Spaghetti Edition, e ha ispirato la Atomic Band nel 2000. Kornstad ha fatto anche parte delle band di Bugge Wesseltoft (1999-2003), Anja Garbarek (2006) e Sidsel Endresen (2008). Dal 2003 Kornstad si è concentrato sui suoi progetti da solista, in cui miscela i suoni del sax acustico con l'elettronica in ambienti improvvisati, di solito esibendosi in performance da solista. A lui spesso si sono acocmpagnati Knut Reiersrud, Ingebrigt Haker Flaten, Jon Christensen e il beatboxer Julian Sommerfelt. Oltre ai sassofoni e all’elettronica, Kornstad suona il "flutonette", che è un flauto accoppiato con un bocchino clarinetto.

Durante un soggiorno a New York nel 2009, Kornstad si è interessato all’opera, e ha cominciato a prendere lezioni di canto in America. Dall'autunno del 2011 è stato uno studente della Scuola dell’Opera Norvegese, e ha debuttato come cantante tenore alla “Den Norske Opera” nel febbraio 2012 come “Il Podestà” in una produzione di Mozart dell'opera “La finta giardiniera”. Ha presentato il suo nuovo progetto, Tenor Battle, che unisce l'opera e jazz, presso l'International Jazz Festival Nattjazz a Bergen. La nuova band potrebbe essere meglio descritta come una sorta di orchestra da Camera aggiornata, ispirato dall'era degli LP, dove gli standard del jazz convivono con arie d'opera e ballate e sono seguiti da improvvisazioni in stile Kornstad. Kornstad è conosciuto come uno dei migliori sassofonisti norvegesi con un tono così caldo che ti fa sciogliere liberamente, e la sua voce ha lo stesso impatto.
 

Utilizzando la sua immaginazione e un dispositivo elettronico semplice per registrare e riprodurre "loop", Kornstad è in grado di realizzare un concerto che racchiude le migliori produzioni dei suoi precedenti lavori. La sua tecnica strumentale ha un tono dolcissimo su qualsiasi sax o strumento a fiato che utilizza, e si estende mediante l'uso dei tasti per rendere al meglio i suoni percussivi e per ampliare attraverso l’uso di toni la tavolozza di colori sonori. Melodie liriche scivolano e galleggiano sopra strati di suono che crescono a poco a poco in un accompagnamento orchestrale, e praticamente tutto frutto dell’improvvisazione. La sua musa inquieta lo ha recentemente infilato in una nuova dimensione: ha studiato come cantante tenore d'opera e ha iniziato a integrare questa nuova espressione di lirismo nelle sue performance da solista, dando vita ad una figura senza precedenti, quella del jazz “tenore". Nessun concerto “Solo” di Kornstad è uguale al precedente.

 

 

La Banda del Bukó nasce come laboratorio d'idee, di condivisione, di ascolto, di pratica musicale e pratica di vita felice. In questo laboratorio la banda ha dimostrato di essere strumento d'integrazione di musicisti professionisti e non professionisti che insieme hanno collaborato e lavorato come una ditta di costruzioni per erigere tanti palazzi fatti di armonie, allegria ed energie positive – elementi che solo la musica riesce a mettere in circolo nell'aria. Per far ciò sono serviti tanti operai-musicanti e, pertanto, quello che sembrava all'inizio essere un assembramento di pochi uomini armati di strumenti per fare musica diviene un appuntamento che vedrà una vera a propria banda produrre materiale energetico e poetico capace di dare alle persone che ascoltano voglia di costruire e stimolo alla riflessione sul collettivismo quale unica forma di emancipazione dalla tristezza e monotonia di una società sempre più disaggregante. La Banda del Bukó nasce presso il Circolo Virtuoso Bukò, uno dei posti dove il gruppo ha lavorato per creare ciò che ora ha tra le mani. Insieme al materiale della banda saranno in circolo nell'aria frammenti di esperienze condivise e non, genuflessioni di artisti e meno artisti che vogliono scendere dalle nuvole per ritrovare l'umidità in testa e non sotto i piedi.

Ecco la composizione della Banda: Giampaolo Vicere (fisarmonica); Stefano Cocca (sax); Danilo Romano (voce, armonica cromatica e diatonica); Eduardo De Cunto (sax); Antonio De Luca (sax); Davide Zarelli (oboe); Antonietta Rossi (trombone); Domenico Panella (sezione ritmica); Francesco De Luca (basso); Dario Spulzo (chitarra acustica); Daniela Zurzolo (cori e percussioni); Jessica e Cristina (cori e percussioni); Fabrizio De Cunto (tromba); Mohammed Matar (percussioni e voce); Vincenzo "Morello" (chitarra elettrica).  

“Rosmarinus” è un odore, un sentire, un’emozione fatta disco che cerca di declinare in musica un’esperienza fondamentalmente multisensoriale ed esistenziale: un anno e mezza di vita della “Banda del Bukò”, progetto di alterità e “alter-azione” che accoglie le musiche del mondo in un impasto di sonorità locali e suggestioni balcaniche. “Rosmarinus” è anche un ragazzo, uno dei fondatori della banda che per sua deliberata scelta è voluto diventare un rosmarino, cercando nella terra e nell’amata natura l’armonia che la società nega e che la Banda continua a cercare. Imperterrita, nonostante il vuoto incolmabile lasciato dal compagno Emanuele Vicerè, la cui forza pervade ogni nota della banda. Il rosmarino, pianta del ricordo, di leggende e tradizioni, con il suo aroma energico e magico sembra richiamare in maniera quasi naturale la raccolta di tracce contenute in questo lavoro. Dalla ballata rumbeggiante della “Saraghina” di Nino Rota, si passa ad una rielaborazione del tradizionale kosovaro in lingua serba, “Ajde Jano”. Da qui si passa alla musica di tradizione egizia con “Lammabada”, per arrivare ad una rilettura di un classico klezmer con “Froggy waltz”. Non mancano richiami alla tradizione campana della tammurriata attraverso una rielaborazione della “Tarantella Schiavona” di Mario Salvi, nel disco ribattezzata “Tammurriata Balcanica” per i forti richiami balcanici nel tema, nell’armonia e nel ritmo. In questa summa di esperienze e sentimenti, si colloca anche il primo inedito della Banda intitolato “Ornitorippo Freshness”, melodia che combina la leggerezza e la freschezza del Calippo (mitico gelato in voga ai tempi della nostra infanzia) al guizzo energico e velenoso dell’ornitorinco. Un’opposizione apparente che si dissolve nell’euforica tragicità di una musica nomade, nella freschezza ancestrale dei balli infiniti delle feste zingare con “Odessa” e “Sem Sorok”(Der Zug um 7.40 uhr) .

 

Redazione