Il caldo a febbraio, il gelo ad aprile: quanti danni nei campi

Dal vino, alle pesche: i produttori sanniti raccontano quanto siano nefaste le anomalie climatiche

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Benevento.  

Un'immagine certamente romantica, suggestiva, senza dubbio splendida quella delle vigne di Chablis, in Francia, illuminate da tanti piccoli fuocherelli. Altrettanto bello vedere le stesse immagini che arrivano da Montalcino, in Toscana. Belle immagini, sì: ma che raccontano un dramma. Sì, perché quello delle anomalie climatiche per chi produce eccellenze in agricoltura è un dramma che troppo spesso bisogna affrontare. 
Anche nel Sannio: qualche giorno fa è arrivato il gelo, la neve fino a bassa quota, il vento gelido e le notti a temperature vicine allo zero. Ciò dopo giornate primaverili anche a febbraio. Con risultati dannosi. 


Pochi danni per la viticoltura tradizionale, a quanto pare, molti per  le viti giovani, per le “barbette” e per gli innesti, moltissimi per altri tipi di coltivazioni. 
Diversi i danni in Valle Caudina, come spiega Pasquale Monte, giovane titolare di un'azienda agricola legata a Coldiretti: «Abbiamo avuto molti danni sui carciofi, sulle fave, su un tipo particolare di cicoria, la cosiddetta puntarella: tutte coi fiori bruciati. Il gelo ha bruciato i carciofi già due o tre volte quest'anno». 
E sempre dalla Valle Caudina un'altra eccellenza del settore, Guarino Naturals, parla di danni ingenti in particolare per la frutta: «Se a febbraio hai temperature primaverili - spiega Agostino Guarino - le piante si preparano a fiorire di lì a poco: ma se poi ad aprile hai gelo e neve è evidente che è un disastro. Abbiamo le pesche coi fiori completamente bruciati dalla gelata, mentre i frutti che sono rimasti con la maturazione si inizieranno ad aprire, e ciò oltre alle perdite ingenti che ci sono state sui fiori, potrebbe portare a un calo della qualità dei frutti. Ma parliamo di qualcosa che purtroppo sta capitando tutti gli anni».


Eh già, perché se gelate fuori stagione così come temperature primaverili nei mesi invernali potevano capitare, in passato, con frequenza minore, oggi preoccupa la costanza con cui queste anomalie climatiche si presentano. 
E sul tema insiste da tempo un produttore vinicolo sannita, come Giacomo Simone. Giovane, preparato, ha aperto e avviato una cantina d'eccellenza a Castelvenere che produce ottimi vini con un rispetto quasi reverenziale della natura. E ad Ottopagine Giacomo spiega: «Tutte le barbatelle che avevano piccoli germogli sono state tutte distrutte. Le viti in parte, solo le zone basse e pare solo la Falanghina, per le altre varietà aspettiamo e vedremo i danni».


Danni che ad oggi, secondo Giacomo Simone, possono essere quantificati in un venti per cento di quella che sarebbe stata la produzione standard in condizioni climatiche normali «Ma non è detto che andando avanti la percentuale sarà sempre quella. Dobbiamo aspettare giugno per avere la possibilità di stabilire in maniera definitiva quali e quanti saranno stati i danni di queste anomalie climatiche».


Ma quel che preoccupa è la costanza con cui questi fenomeni si ripresentano ormai: «Il punto è che oggi noi stiamo qui a parlare di danni subiti in base alla produzione. Non va bene perché questo è solo il risultato finale, la conseguenza di altro. Non ci chiediamo mai cosa porta a questo, ormai con cadenza annuale: dovremmo iniziare a preoccuparci del perché i cambiamenti climatici sono diventati la regola, dovremmo iniziare a parlare di sfruttamento, coltivazioni intensive, popolazione mondiale». Per la serie: inutile stare a piangere sul latte versato se poi si utilizza sempre lo stesso bricco, bucato e rovinato, per servirlo.