"Servirà un Papa buono, profondamente credente, dotato di attitudine nelle questioni di governo, capace di affrontare una fase internazionale delicatissima e molto pericolosa. E servirà un Papa caritatevole. Caritatevole anche nella gestione della Chiesa".
Questo è quello che ha dichiarato il cardinale Camillo Ruini, il grande vecchio della chiesa cattolica mondiale - 94 anni e non sentirli né, soprattutto, farli sentire neanche un po' a tutti noi - in una intervista rilasciata qualche giorno fa a Francesco Verderami del Corriere della Sera. Lo ha detto lui, meglio di quanto avrebbe potuto farlo chiunque altro e come solo chi conosce dall'interno questioni della Chiesa Cattolica antiche, complesse e, spesso, taciute.
E lo ha fatto con tale arguzia e semplicità da ricevere il giorno dopo il plauso su Il Foglio perfino di Giuliano Ferrara - uno mai particolarmente tenero con i porporati e la Chiesa in genere. "Papa Francesco", secondo il cardinale, "con un’intenzione missionaria, si era rivolto soprattutto a quanti erano distanti, con modalità che hanno irritato chi per anni si era speso a difendere le posizioni cattoliche. Francesco è sembrato cioè privilegiare i lontani a scapito dei vicini. È un gesto evangelico. Ma come nella parabola del figliol prodigo l’altro figlio protestò, così oggi c’è chi protesta nella Chiesa".
La priorità del nuovo Papa
Davanti al popolo "diviso tra chi vuole mantenere i valori tradizionali e chi vuole aprirsi al mondo di oggi" bisogna "agire con prudenza, per fare magari entrambe le cose". La priorità del nuovo papa, secondo l'arciverscovo emiliano, dovrebbe restare comunque quella di “alimentare la fiamma della fede che in molte zone del mondo minaccia di estinguersi”.
Ruini cita una famosa frase di Ratzinger per rappresentare "la sfida fondamentale che ci attende, e non è detto che il nuovo Papa riuscirà a superarla". Gli strumenti che avrà a disposizione saranno "l’annuncio della fede e la testimonianza della carità: è per la carità praticata dalla Chiesa che la gente ama e si fida di essa.
Su questo Francesco si è impegnato a fondo. La carità deve però esprimersi anche nelle istituzioni ecclesiali, evitando certe inutili durezze che non sono conformi al governo di quella singolare realtà che è la Chiesa, con la sua legge fondamentale: l’amore, il perdono, la comprensione".
Una figura alla Papa Giovanni XXIII
Se non fossero passati più di 60 anni dalla sua morte, sembrerebbe che l'attuale Presidente emerito della Commissione internazionale di inchiesta su Medugorje voglia evocare tra gli alti prelati una figura alla Papa Giovanni XXIII, al secolo Angelo Giuseppe Roncalli, il "papa buono", appunto, quello che "in meno di cinque anni di pontificato era riuscito ad avviare il rinnovato impulso evangelizzatore della Chiesa Universale". Ma esiste una tale figura all'interno del Conclave che il 7 maggio prossimo si va a riunire? Difficile dirlo.
Certo è che mai come questa volta il rigoroso consesso cardinalizio si presenta eterogeneo, grazie anche alla ventata di "ringiovanimento" e rinnovamento dei suoi componenti, promossa proprio da Papa Francesco, che forse così sperava di "cambiare" le fondamenta stesse della Chiesa, mutando identità e sogni dei futuri elettori del Vescovo di Roma. Non avendo alcun interesse a partecipare al totopapa, e non godendo peraltro di alcuna competenza per farlo, mi limiterò a sostenere la candidatura di un "papa buono" - anche se non sono convinto che io e il cardinale Camillo Ruini intendiamo con queste due parole una figura sovrapponibile di Santo Padre - che almeno mi riporti all'amore che i miei genitori mi trasmisero per papa Roncalli, quello vicino agli umili e, soprattutto, ai bambini, quale ero io il 3 giugno del 1963. La sua morte resta tra i pochi ricordi indelebili di una prima infanzia altrimenti - come è normale che sia - senza particolari memorie.
Molto più incancellabile è, invece, il ruolo che ebbe Papa Giovanni XXIII nel mondo, cattolico e non, degli adulti, con quel Concilio Vaticano II - annunciato dopo soli tre mesi dal suo insediamento sul soglio pontificio e solo in parte realizzato a causa del sopraggiungere inesorabile della morte per un cancro allo stomaco - che, a distanza di più di 60 anni, ancora rappresenta una fulgida luce nel buio dei tempi moderni.
