Una cavità nascosta nel sottosuolo dei Campi Flegrei, a 3,6 km di profondità, è stata scoperta da un team di ricerca internazionale guidato dall’Università di Pisa, in collaborazione con l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e il GFZ Helmholtz Centre for Geosciences di Potsdam, in Germania.
La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Nature Communications Earth and Environment, apre nuove prospettive per comprendere i rischi vulcanici in una delle aree più monitorate e pericolose al mondo.
Una cavità “che risuona”: dimensioni, struttura e significato
La cavità ha dimensioni impressionanti: lunga circa 1 km, larga 650 metri, con uno spessore medio di 35 centimetri e un volume di circa 220.000 metri cubi. Ma ciò che rende unico questo spazio nel sottosuolo è il fatto che "risuona" alla stessa frequenza - 0,114 Hz - da almeno sette anni.
“Si tratta di una struttura stabile, che funge da collegamento tra il serbatoio profondo e le fumarole superficiali di Solfatara e Pisciarelli”, spiega Giacomo Rapagnani, dottorando all’Università di Pisa e primo autore dello studio.
I segnali sismici VLP rivelano la frattura
La scoperta è avvenuta grazie all’analisi di segnali sismici di lunghissimo periodo (VLP), un tipo di vibrazione a bassissima frequenza che ha consentito agli scienziati di identificare la presenza e la forma della cavità sotterranea.
Dal 2018, gli studiosi hanno esaminato oltre 100 terremoti verificatisi nella zona flegrea. In coincidenza con i sismi più intensi, è emersa una "risonanza" a bassa frequenza, un comportamento già osservato in altri vulcani attivi, ma mai documentato prima nei Campi Flegrei.
Un aiuto per valutare meglio i rischi vulcanici
Secondo gli scienziati, la cavità potrebbe contenere gas ad alta pressione o fluidi magmatici, ma al momento non è possibile determinarlo con certezza. Tuttavia, la sua presenza è fondamentale per capire come avvengano i flussi di fluidi nel sottosuolo e per monitorare possibili variazioni strutturali che potrebbero indicare un aumento del rischio vulcanico.
“Lo sviluppo di tecniche sofisticate per l’analisi dei dati sismologici è essenziale per comprendere e mitigare i rischi legati ai vulcani attivi”, afferma Francesco Grigoli, coautore dello studio e professore di Geofisica all’Università di Pisa.
Bradisismo e sismicità in aumento: il contesto attuale
L’area dei Campi Flegrei, nel Golfo di Napoli, è tra i complessi vulcanici più osservati al mondo. Dal 2005 è in atto una nuova fase di bradisismo, ovvero un sollevamento lento e continuo del suolo, accompagnata da terremoti via via più intensi.
Il 30 giugno scorso si è registrato il sisma più forte degli ultimi decenni, di magnitudo Md 4.6, che ha riacceso i riflettori sulla necessità di monitoraggi sempre più precisi e strategie di prevenzione aggiornate.
Una scoperta scientifica con valore globale
Il lavoro è frutto della collaborazione tra esperti italiani e internazionali, tra cui Simone Cesca, Gilberto Saccorotti, Gesa Petersen, Torsten Dahm, Francesca Bianco e Francesco Grigoli. La ricerca rappresenta un punto di svolta nello studio della dinamica interna dei vulcani e offre strumenti innovativi per la gestione del rischio vulcanico nei Campi Flegrei e in altri contesti simili nel mondo.
