L'oasi degli Astroni, viaggio tra terme e natura ad Agnano

NUova puntata de L'Altra Campania i documentari di Ottochannel Tv 696

Napoli.  

 

di Simonetta Ieppariello

Quella che vi raccontiamo è la storia di un piccolo paradiso alle porte di Napoli, nell’area dei crateri flegrei. E' un luogo di rara bellezza l’oasi WWF “Cratere degli Astroni”, che ha aperto le sue porte a L’Altra Campania dopo mesi di chiusura per gli incendi che quest’estate hanno devastato mezza Campania.

Ma la natura è più forte e combatte, rinasce e rifiorisce stupenda, rigogliosa. (clicca per vedere la puntata de L'Altra Campania)

La ricchezza della riserva naturale, resa ancor più suggestiva dalla foschia che ha ammantato il fondo del cratere, con i raggi di sole filtrati attraverso la fitta vegetazione stupisce, rapisce ammalia. Un cratere quasi gemello della Solfatara di Pozzuoli, più piccolo ma ugualmente tra i maggiori di tutta l' area flegrea.

Il cratere degli Astroni è a metà strada tra Pozzuoli e Napoli è un vulcano spento che fa parte del più complesso cratere di Agnano, inserito nella area vulcanica dei Campi Flegrei. Di questi è il più giovane dei crateri, con i suoi 3600 anni e un' estensione di circa 247 ettari. E ad accompagnarci ci sono i Dinosauri. Sì in quel luogo dove la storia si è sedimentata in un panorama di straordinaria suggestione ci sono loro I giganti della preistoria.

Un viaggio nell’Era Mesozoica con un allestimento spettacolare, mozzafiato a contatto con la natura selvaggia.

Ricostruzioni a grandezza naturale di circa 40 tra gli animali più grandi della storia del nostro pianeta. 

Il fondo del Cratere degli Astroni presenta alcuni rilievi tra i quali il Colle dell'Imperatore e il Colle della Rotondella che si sono formati in seguito all' attività eruttiva. Nel punto più basso del cratere si trovano tre laghetti, Lago Grande, Cofaniello Piccolo e Cofaniello Grande, con vegetazione tipica delle zone lacustri (canne, giunchi, tife e salici).
Durante il regno dei Borbone è stato uno dei siti reali di caccia. E ci sono loro i figli del bosco, Antonio Di Luzio, Antonio Cicchella e Roberto che ci hanno raccontato cosa significhi nascere in un luogo incontaminato, popolato da tutto l'incanto di una flora e fauna eccezionale. Nascere e crescere in un'oasi, in un tempo lontano in cui la natura era madre generosa. Sono loro molto spesso ad invitare il visitatore a sentire il suono del bosco, il fruscio delle chiome degli alberi, il vento che accarezza l'acqua palustre, gli uccelli, gli insetti, i nitriti di un cavallo.
Le telecamere hanno indugiato sul fenomeno dell’inversione vegetazionale, abbiamo conosciuto Gennarino, un albero ultrasecolare che sembra vigilare sulla forza di una natura che continua a resistere nonostante tutto.

Così piante tipiche della bassa montagna e della collina si trovano sulla base del cratere, nella parte più alta compare invece la vegetazione sempreverde mediterranea, tipica delle zone costiere al livello del mare.

Poi siamo scesi su uno specchio d’acqua di tre ettari sviluppatosi quando il vulcano, collassando su se stesso, ha intercettato la falda acquifera. Qui, trovano l’habitat naturale ideale uccelli acquatici, anfibi e rettili. Durante le riprese, sono stati filmati tuffetti, folaghe, una poiana e un falco di palude. L'oasi è uno scrigno di biodiversità originatosi da un’eruzione di circa 3700 anni fa. Di qui, l’omonimo cratere. A pochi chilometri dal centro di Napoli.

Pochi chilometri per approdare nelle terme. Una storia infinita: le secolari acque termali dei Campi Flegrei. I primi impieghi di sorgenti termali flegree e delle stufe di Agnano potrebbero farsi risalire a circa 2700 anni fa.

A scoprire e a godere per primi delle qualità curative delle acque minerali dell’area furono i navigatori calcidesi giunti dall’isola di Eubea, gli stessi che nel 776 a. C. fondarono Cuma. Non è da escludere che i coloni greci appresero l’uso delle acque termali della regione flegrea proprio dalle popolazioni pre-elleniche che in precedenza occupavano il sito. Forse furono i Volsci a trasmettere loro le nozioni fondamentali sull’uso delle sorgenti termali.

È dato ormai certo che la presenza di tanta acqua, dotata di miracolose facoltà terapeutiche, fu la spinta decisiva all’insediamento greco nell’area.

La conoscenza e l’uso delle acque termali passò automaticamente dai greci ai romani.

Napoli riscopre le terme tra la seconda metà del XIX secolo e i primi decenni del XX, quando tra Coroglio e Pozzuoli da un lato si sviluppò un’industria turistico termale e dall’altro una prettamente siderurgica e sono le volontarie del gruppo archeologico napoletano a guidarci nella conoscenza delle facies delle terme di Agnano e quelle di Terracina.