Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Che abbiamo fatto di male per meritarci un simile destino?

Dibattito pubblico asfittico in una città ormai assuefatta

Un dubbio atroce mi assale: ma cosa abbiamo fatto di tanto grave per meritarci la pena di un dibattito pubblico tanto asfittico? Quanti e quali sfracelli abbiamo combinato per dover subire, complici gli organi di informazione, l'insopportabile ping pong (velina, controvelina, controcontrovelina e controcontrocontrovelina) che si gioca sui tavoli della rete, degli schermi televisivi e della carta stampata?

Perchè dobbiamo sopportare il protagonismo di certi personaggi, avallandone l'ossessione per un rimbalzo mediatico che punta soltanto a dimostrane l'esistenza; e, in molti casi, al loro accreditamento agli occhi di chi conta, speranzosi come sono di essere estratti dal mucchio di 'prescelti' nel quale hanno sgomitato per entrare, tentando di ritagliarsi un ruolo?

Perchè Benevento continua ad essere una città sporca, popolata da tantissima gente che se ne strasbatte delle regole, che abbandona le buste di monnezza nei pressi delle campane per il vetro o lungo le strade, e non solo di periferia, e che porta in giro i cani senza museruola e kit per raccoglierne i bisognini?

E' fin troppo facile farsi i selfie con alle spalle l'Arco di Traiano, o immortalarlo, di sera, per sottolinearne la maestosa bellezza. Troppo semplice il rimando alla storia ed alla potenza della cultura se, nel frattempo, ogni giorno manca il rispetto per i nostri beni. Belle quelle foto, postate sui social, del Corso illuminato. Trasmettono una sensazione magica che stride con la realtà di un cuore, quello del centro, che non pulsa come dovrebbe quando c'è il sole. Quando Benevento restituisce la sua immobilità, neanche scalfita dal chiacchiericcio che sostituisce il coraggio di esporsi pubblicamente, di assumere una posizione, critica o no, sui problemi che esistono, eccome.

Una città in cui si moltiplicano convegni autoreferenziali e senza (o quasi) partecipanti, con relatori che si parlano addosso, ascoltati da una platea di addetti ai lavori e 'subornati'; in cui ogni occasione, anche la più banale, diventa motivo di una contrapposizione a distanza che nulla toglie o aggiunge. Al massimo, si trasforma nello spunto per l'invio dell'ennesima mail “di cui si chiede la pubblicazione integrale”. Così, giusto per restare in allenamento e prepararsi ad una ulteriore 'presa di posizione'.

Una città ferma, cristallizzata nelle sue abitudini dure a morire. Immobile come La Dormiente, che, però, di colpe non ne ha. Se non quella di ornare un territorio ormai assuefatto, nel quale risuonano parole in libertà. Come, probabilmente, quelle che avete fin qui letto.