Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Che palle le polemiche su Città Spettacolo

Anche quest'anno, come da 40 anni, copione rispettato

che palle le polemiche su citta spettacolo

Che barba che noia. La speranza che il trend potesse essere invertito, finalmente, è naufragata anche quest'anno. E, così come capita ormai da otto lustri, anche nell'anno Domini 2019 sono arrivate, puntualissime, le polemiche su Città Spettacolo. Ad onor del vero – questa la nostra modestissima opinione – più roba da social e da conferenza stampa che alimento nutriente della percezione collettiva. Perchè, l'ormai datatissima contrapposizione tra la vocazione nazional-popolare e quella elitaria – entrambe tirate in ballo nella definizione della natura della manifestazione in relazione al programma ed alle aspettative dei fruitori della stessa -, è diventata un must dell'appuntamento.

Insomma, una sorta di brand da conservare gelosamente, estraendolo al momento giusto. Riproducendo, di fatto, lo schema populista che va tanto di moda: popolo contro élite. Da una parte le masse alle quali è stato fatto credere che “uno vale uno”, dall'altra i famigerati benestanti e 'radical chic' che hanno la faccia brutta e traditrice. Un inganno cucinato al meglio, servito a creare qualche carriera, a trovare un'occupazione a personaggi di ogni tipo. Una fotografia distorta della realtà scattata da quanti lucrano sulla rabbia ed il rancore scatenati; una realtà nella quale, invece, gli elementi di mescolanza e trasversalità tra le due 'fazioni' sono molto più numerosi di quanto si immagini.

Ma, viene da dire, tutto ciò che c'azzecca con Citta Spettacolo? Vanno bene quel cantante e quel gruppo, anzi no; ma come, invitano quei due che fanno il tifo per il Foggia e non altri? Un affronto. E vuoi mettere la bellezza di certe voci con quelle che riempiranno le prossime serate? E il teatro, che fine ha fatto il teatro? E' una rassegna completamente snaturata rispetto agli esordi, svuotata di ogni contenuto... I soldi, non ci sono più i soldi di un tempo. No, non è questione di denaro ma di scelte...

Eccolo il repertorio che va in scena da decenni. E se in passato l''accusa' era stata quella di un cartellone riservato a pochi intimi, nei periodi successivi era stata ribaltata in quella opposta. Troppa cultura e poca attenzione alla gente comune e viceversa. Di lì i battibecchi e gli 'scontri' che da sempre scandiscono la vita di 'Città spettacolo', con amministratori e organizzatori che rivendicano la bontà del lavoro fatto, al contrario sminuito e criticato da alcuni.

E' ovvio che chi fa politica punti a consolidare, ed eventualmente accrescere, il consenso, cercando di incrociare i gusti della gran parte dei cittadini, ma lo è altrettanto il diritto di dissenso. Perchè, checchè ne pensi il sindaco Mastella degli intellettuali che parlano e basta, ciascuno può esprimere liberamente, grazie al cielo, la sua opinione, anche se non in linea con il mainstream.

Peraltro, a ben guardare- almeno che non si ritenga dibattito pubblico lo stupidario da bar dello sport trasferito in rete-, è abbastanza esigua la pattuglia di coloro che hanno il coraggio di esporsi pubblicamente. Gli altri lo fanno sui marciapiedi, dinanzi ai bar, ammiccando e dando di gomito all'amico. Punto.

Del resto, se uno spettacolo, per quanto gratuito, non piace, abbiamo la possibilità di restarcene a casa. Certo, potremmo ricordarci dei 'rumori assordanti' con i quali è stata propagandata un'iniziativa e, magari, valutarli anche al momento di votare. Ma questa è un'altra storia. E a Benevento, si sa, la storia è tanta.