Che barba che noia. La speranza che il trend potesse essere invertito, finalmente, è naufragata anche quest'anno. E, così come capita ormai da otto lustri, anche nell'anno Domini 2019 sono arrivate, puntualissime, le polemiche su Città Spettacolo. Ad onor del vero – questa la nostra modestissima opinione – più roba da social e da conferenza stampa che alimento nutriente della percezione collettiva. Perchè, l'ormai datatissima contrapposizione tra la vocazione nazional-popolare e quella elitaria – entrambe tirate in ballo nella definizione della natura della manifestazione in relazione al programma ed alle aspettative dei fruitori della stessa -, è diventata un must dell'appuntamento.
Insomma, una sorta di brand da conservare gelosamente, estraendolo al momento giusto. Riproducendo, di fatto, lo schema populista che va tanto di moda: popolo contro élite. Da una parte le masse alle quali è stato fatto credere che “uno vale uno”, dall'altra i famigerati benestanti e 'radical chic' che hanno la faccia brutta e traditrice. Un inganno cucinato al meglio, servito a creare qualche carriera, a trovare un'occupazione a personaggi di ogni tipo. Una fotografia distorta della realtà scattata da quanti lucrano sulla rabbia ed il rancore scatenati; una realtà nella quale, invece, gli elementi di mescolanza e trasversalità tra le due 'fazioni' sono molto più numerosi di quanto si immagini.
Ma, viene da dire, tutto ciò che c'azzecca con Citta Spettacolo? Vanno bene quel cantante e quel gruppo, anzi no; ma come, invitano quei due che fanno il tifo per il Foggia e non altri? Un affronto. E vuoi mettere la bellezza di certe voci con quelle che riempiranno le prossime serate? E il teatro, che fine ha fatto il teatro? E' una rassegna completamente snaturata rispetto agli esordi, svuotata di ogni contenuto... I soldi, non ci sono più i soldi di un tempo. No, non è questione di denaro ma di scelte...
Eccolo il repertorio che va in scena da decenni. E se in passato l''accusa' era stata quella di un cartellone riservato a pochi intimi, nei periodi successivi era stata ribaltata in quella opposta. Troppa cultura e poca attenzione alla gente comune e viceversa. Di lì i battibecchi e gli 'scontri' che da sempre scandiscono la vita di 'Città spettacolo', con amministratori e organizzatori che rivendicano la bontà del lavoro fatto, al contrario sminuito e criticato da alcuni.
E' ovvio che chi fa politica punti a consolidare, ed eventualmente accrescere, il consenso, cercando di incrociare i gusti della gran parte dei cittadini, ma lo è altrettanto il diritto di dissenso. Perchè, checchè ne pensi il sindaco Mastella degli intellettuali che parlano e basta, ciascuno può esprimere liberamente, grazie al cielo, la sua opinione, anche se non in linea con il mainstream.
Peraltro, a ben guardare- almeno che non si ritenga dibattito pubblico lo stupidario da bar dello sport trasferito in rete-, è abbastanza esigua la pattuglia di coloro che hanno il coraggio di esporsi pubblicamente. Gli altri lo fanno sui marciapiedi, dinanzi ai bar, ammiccando e dando di gomito all'amico. Punto.
Del resto, se uno spettacolo, per quanto gratuito, non piace, abbiamo la possibilità di restarcene a casa. Certo, potremmo ricordarci dei 'rumori assordanti' con i quali è stata propagandata un'iniziativa e, magari, valutarli anche al momento di votare. Ma questa è un'altra storia. E a Benevento, si sa, la storia è tanta.