Giorno 3 anno Domini 2020: esco di buonora, come ho fatto sempre. Sono da poco trascorse le 7. Buongiorno, dico, mantenendo le distanze, al tabaccaio-edicolante che mi rifornisce di giornali e sigari. Mi risponde con la solita cortesia, ma la sensazione è che vorrebbe dire buongiorno un corno attraverso la mascherina che indossa al paio dei guanti. C' è una sola persona, accenna un colpetto di tosse che in altri tempi neanche avremmo sentito.
Subito all'aria aperta, il sole illumina i contorni della Dormiente, che vedo nitidamente: non c'è quella foschia che preannuncia nebbia e umidità. Risalgo in macchina, c'è mio padre che mi aspetta. Provo come sempre a rassicurarlo, è anziano ed ha bisogno di tranquillità. Lui ce la mette davvero tutta. Non ti preoccupare, se sento il bisogno di sgranchirmi le gambe faccio quattro passi sul balcone, così prendo un po' d'aria. Bravo, papà. Ho tutto, non mi serve niente, mi dice. E' lui ad infondermi forza, immagino che anche a tantissimi altri stia succedendo la stessa cosa.
Loro, che ne hanno viste di ogni colore, ed hanno superato una moltitudine di ostacoli, sono più allenati a fronteggiare le intemperie. Ci fanno i conti da tempo, aggrappandosi alla vita. Lo saluto velocemente, gli rivolgo le ultime raccomandazioni e vado via. Mi guarda e, sapendo il mestiere che svolgo, mi chiede quale sia la prossima tappa. Casa, e dove vuoi che vada?
Posso lavorare a distanza, peccato che non tutti possano farlo. Devo scrivere il diario, magari più in là mi servirà a capire la nostra fragilità e la nostra incoscienza. In strada c'è pochissima gente, per fortuna. Speriamo che tutti si siano resi conto della delicatezza del momento. Passerà, passerà.
E rialzerà la saracinesca anche il barbiere che ha il suo negozio lungo la strada che mi ospita. Non sono un cliente dei migliori con la mia pelata, ma mi manca.
