Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Dove vado con questa 'panza'? Ho un alibi di ferro

Quando provi a sdrammatizzare ai tempi del Covid-19

dove vado con questa panza ho un alibi di ferro

Giorno 7 anno Domini 2020. Oggi è domenica, ma non ci sono partite. Ci mancherebbe, zero lamentele. Siamo tutti preoccupati, provo a sdrammatizzare. Chi mi conosce sa che nutro una passione per l'Inter che è seconda soltanto – non resisto, chiedo venia – alla genetica avversione sportiva per quelli con la maglia zebrata, a digiuno di coppe che non siano quelle dei tornei estivi.

Tanti anni fa, e tanti tanti chili fa, giocavo a calcio. Risultati modesti, roba da categorie indicate con i numeri romani: con tutto il rispetto, s'intende. Ero uno stopper, spesso facevo il libero: tranquilli, allora si diceva così. Un difensore centrale, spiegherebbero, oggi, coloro che la sanno lunga. Marcavo ad uomo, mi incollavo al poverino che il mister mi assegnava di volta in volta e non lo mollavo un istante. Lo spingevo, lo sgambettavo quando era proprio indispensabile, cercavo di anticiparlo su campi nei quali il rischio più grosso era legato alla caduta su un terreno che non aveva mai visto l'erba.

Mi definivano roccioso e resistente allo sforzo, con una tecnica improbabile minata ancor di più dal mancato uso degli occhiali. Ecco perchè spesso non c'azzeccavo e sbagliavo un appoggio apparentemente semplice. Il cuore mi batteva a mille non per la fatica, ma per gli sguardi dei miei compagni di squadra. “Che hai combinato?”, mi dicevano in silenzio. Già, quante ne ho combinate.

Stamattina, mentre mi sforzavo di mettere ordine in garage, ho trovato un 'Super Santos', sgonfio, che mio figlio aveva lasciato lì ma non buttato. L'ho stretto tra le mani e in un attimo mi sono sentito felice come un bambino.  Ho subito interrotto ciò che stavo facendo, sono risalito e mi sono fiondato sul balcone. Spero che nessuno dei vicini mi abbia notato, che abbia osservato i miei goffi movimenti.

Ho iniziato a palleggiare, stando attento ad evitare che la palla finisse di sotto e mi riportasse nel passato, agli schiaffoni rimediati quando succedeva. Uno, due, stop. Ritenta, sarai più fortunato: il primo palleggio, il secondo, nessuna traccia del successivo. C'ho provato ancora, tutto inutile.

“Vieni, per colazione c'è un pezzo di crostata alla marmellata”, mi ha invitato, dall'interno, una delle voci che amo. Vabbuò, sarà per la prossima volta. Ho un alibi di ferro: ai tempi del Covid-19 bisogna stare rigorosamente in casa. Si mangia di più, purtroppo: maledetta panza.