Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Troppe civette in giro e poche allodole, "sciò sciò ciucciuè"

Il diario ai tempi del Covid-19

troppe civette in giro e poche allodole scio scio ciucciue

Giorno 18 anno Domini 2020. Nessuna minimizzazione, ma ha ragione il mio amico Stefano Pescatore. “Troppe ciucciuvettole in giro e poche allodole”, ha commentato. E' vero.

Come se non bastassero il clima di paura nel quale siamo immersi da settimane, l'incertezza che costella la nostra vita, i timori per il futuro, le migliaia di persone – persone, non solo morti indicati con numeri asettici da computare per il bilancio -; ecco, come se non fosse già sufficiente tutto ciò, ad aggravare la situazione complessiva è infatti anche una dose di pessimismo interessato che viene quotidianamente iniettata nel già malandato e pesantemente compromesso corpaccione del nostro Paese.

Spero vivamente di sbagliare, me lo auguro con tutto il cuore, ma la sensazione è che ci siano tanti che, in barba alla sofferenza e al dolore, stanno scommettendo sulla possibilità che tutto degeneri ulteriormente; insomma, che lo sprofondo aperto dall'emergenza sanitaria si allarghi sempre più.

Sembrano uccelli del malaugurio – sono soltanto io ad aver ricevuto ieri, via whatsapp, quel 'messaggino' a dir poco allarmistico?-: avvoltoi che girano in attesa del momento buono per affondare il loro becco. 'Spazzini' ai quali, come quei volatili, piace l'odore delle carcasse.

Lo fanno per protagonismo – una sindrome che causa una fortissima astinenza quando non viene costantemente nutrita -, perchè godono nel terrorizzare gli altri, perchè tormentati dalla ricerca disperata di una visibilità mediatica che altrimenti mai otterrebbero, o per calcolo politico. O tutte insieme.

Basta ascoltarli mentre sostano dinanzi ad un microfono che non respingono mai, anzi, o leggerne le dichiarazioni che affidano alle agenzie o ai comunicati stampa - e poi rilanciano, perchè vengano massicciamente diffuse, sui social-, per capire quanto sia irrefrenabile la smania che li affligge. Che li spinge a disegnare prospettive ancora più negative di quelle che chiunque può immaginare, ad avvalorare qualsiasi tesi in grado di supportare le loro argomentazioni.

Manco a dirlo, sono le uniche giuste, mica come le altre, quelle di chi prova comunque, pur nella drammatica consapevolezza di quanto ci circonda, a infondere la speranza. Ha ragione, Stefano: troppe civette, troppi gufi appollaiati e pronti a gloriarsi, a gridare noi l'avevamo detto che sarebbe andata male e che bisognava agire diversamente.

Errori ne sono stati fatti, nessun dubbio. Ma servono più allodole, e non per confondere le idee o nascondere i pericoli ed i rischi, ci mancherebbe. Serve il loro canto, il simbolo del bene che sconfigge il male. Abbiamo uno stramaledetto bisogno di sentire le allodole, per non precipitare nella disperazione, e non i profeti di sventura. E allora: “Sciò sciò ciucciuè”.