Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Il teatrino, il fine pena mai: lor signori ci dicano cosa fare

Il diario ai tempi del Covid-19

il teatrino il fine pena mai lor signori ci dicano cosa fare

Giorno 40 anno Domini 2020. Mentre attendiamo che lor signori decidano, finalmente, cosa possiamo fare e da quando, che trovino una sintesi alla loro cronica incertezza, c'è una novità legata al teatrino della politica. Fiato alle trombe, è ripartito.

Non che si fosse fermato completamente, ma l'emergenza sanitaria aveva indotto un po' tutti gli attori, protagonisti e controfigure, a spingere il pedale del freno. Meglio non esagerare e pensare al bene del Paese, è stato detto e ripetuto, come un mantra, in queste settimane.

E' bastato, però, l'arrivo di qualche dato finalmente positivo – una goccia in un mare di dolore - per rimetterlo in azione secondo i canoni ai quali siamo da sempre, ahimè, abituati. Le prime avvisaglie erano state registrate in occasione della proposta, che ha poi fatto da apripista, di iniziare a pensare alla cosiddetta fase 2, alla ripresa, seppure graduale, delle attività.

Chi l'aveva lanciata, non senza un pizzico di imprudenza, era stato investito e travolto dalle critiche. Gliele avevano cantate, all'epoca, di tutti i colori, lo avevano subissato di ironia e disprezzo. I mittenti? Coloro che poi, trascorsi alcuni giorni, hanno fatto lo stesso, ovviamente con l'aria di chi la sa sempre più lunga degli altri. Molti di loro, non dimentichiamolo mai, sono convinti di avere una missione palingenetica: redimere l'umanità a colpi di selfie, dirette facebook e file ripetuti a memoria. Ma questo è un altro discorso.

Torniamo al punto: dunque, riecco il teatrino, quel fastidioso spettacolo in cui una serie di comparse fanno finita di accalorarsi per difendere ad oltranza la loro posizione, alzando il tono della voce nella convinzione di poter apparire più credibili. Vista l'epidemia, i collegamenti televisivi sono nella stragrande maggioranza da remoto, con uno sfasamento tra domanda e risposta che presupporrebbe, come criterio di educazione e rispetto, qualche secondo di silenzio, per ascoltare ciò che dice chi non è in studio.

Le eccezioni sono rarissime tra conduttori e ospiti, quasi sempre il pollaio si anima immediatamente e restituisce le consuete urla che si accavallano e rendono il tutto indistinto e confuso. C'è quello imbellettato alla bisogna che si scatena appena sente soltanto l'inizio di una frase o la pronuncia di un acronimo, e quell'altro che sembrava apparentemente più pacato. Manco per sogno, anche lui si sbatte, punta il dito, manipola a suo piacimento la storia – almeno quella parte che ritiene di conoscere-, sforna ricette a tutto tondo cucinate da chissà chi.

Insomma, inutile chiedersi come saranno loro quando sarà terminato questo tremendo periodo, non c'è bisogno di pause per certificarlo. Sono sempre gli stessi, quelli che parlano di cose che molto spesso non sanno, impegnati soprattutto nello scaricabarile, nel rovesciare la colpa addosso agli altri, nello spaccio di chiacchiere. Da più parti si sente dire che la terribile esperienza che stiamo vivendo comporterà, alla fine, l'affermazione della competenza, fin qui messa in disparte dalla barzelletta dell'uno vale uno.

E' la speranza che possiamo nutrire e alla quale aggrapparci: è l'unica che potrebbe spazzare via per sempre un plotone di incapaci. Nel frattempo, mentre vengono in continuazione strombazzati gli appelli a restare in casa, diffusi con aria contrita, a livello locale, da qualche altoparlante che predica bene e razzola male – che belle quelle passeggiate serali, vero?-, restiamo con il fiato sospeso e pendiamo dalle labbra, purtroppo, di chi dovrebbe dire a noi, che siamo reclusi, quando la pena finirà.