Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Due mesi fa: Mattia Mattia, e chi se lo scorderà il tuo nome

Il diario ai tempi del Covid-19

due mesi fa mattia mattia e chi se lo scordera il tuo nome

Giorno 44 anno Domini 2020. Sono trascorsi ormai due mesi, ma quel nome lo ricorderemo per sempre. Non lo cancelleremo mai perchè è praticamente impossibile. Era una sera di febbraio quando la notizia che Mattia era risultato positivo al Covid-19 aveva invaso le abitazioni di milioni di italiani.

E chi se la scorda quella serata che, in un attimo, aveva azzerato ogni previsione ottimistica e ci aveva avvicinati alla Cina, alle immagini fino a quel momento viste soltanto in tv, ad una situazione drammatica di cui avevamo soltanto letto. Mattia, indicato come il paziente zero dell'epidemia in Italia, ce l'ha fatta, per fortuna.

Quel giorno è stata la sirena di un allarme che da quel momento ha continuato a suonare. Ininterrottamente. Ossessivamente. Tragicamente. Da allora abbiamo cominciato a far di conto con la morte: centinaia e centinaia di decessi, ogni giorno. Un bilancio spaventoso, una montagna di dolore di cui non abbiamo ancora raggiunto la vetta, della quale sembra intravedersi la discesa.

Ci ha lasciato attoniti e senza parole, e non perchè non fossimo abituati all'idea che ciascuno di noi, prima o poi, lascerà questa terra. E' stato uno choc terribile, al quale abbiamo provato a reagire, sulle prime, con un po' di leggerezza ed incoscienza, nella speranza che l'incubo fosse di breve durata.

Ve le ricordate le canzoni e le musiche irradiate dai balconi delle città, i tentativi di neutralizzare una comprensibile paura con mille iniziative, anche quelle più sgangherate e inopportune? Siamo andati avanti così, ma non per molto, augurandoci che qualcuno, ad un tratto, ci dicesse che era tutto finito e che potevamo tornare alle nostre vite di sempre.

La valenza di quell'andrà tutto bene si è progressivamente allentata di fronte al moltiplicarsi dei casi di contagio, si è via via affievolita sotto i colpi devastanti di un virus sconosciuto. Ci siamo più meno barricati nelle nostre case, le abbiamo dovute trasformare in luoghi di convivenza forzata – bellissima la riflessione di Simonetta Sciandivasci, per Linkiesta, su “Litigi, separazioni, videochiamate, sesso. Le tante facce dell’amore in quarantena”- e, senza forse neanche accorgercene, abbiamo modificato i nostri comportamenti, e non solo per il divieto di uscire se non per particolari esigenze di lavoro e di salute.

Abbiamo dovuto allontanarci, e lo faremo ancora chissà per quanto tempo. Saremo migliori, peggiori o quelli di sempre quando tutto sarà terminato? Per quel che mi riguarda, non lo so. Non lo so, come non so se tutto ciò che ho ascoltato attraverso gli schermi o mutuato dalla lettura, corrisponda completamente al vero. So che una valanga di informazioni ci è stata riversata addosso, fino a sommergerci, che la propaganda prosegue a tutto spiano, in tutta la sua spietatezza, e si nutre di velleità, protagonismi e strumentalizzazioni.

So che non so altro. Ma una cosa mi è ben chiara: quel nome, Mattia, non mi passerà mai dalla mente perchè ha dato la stura ad un'angoscia che sembra interminabile.