Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Martusciello, Mastella e Russo che deve dimettersi dopo 4 anni

Le intercettazioni del 2016 ed il "caso" del consigliere comunale

martusciello mastella e russo che deve dimettersi dopo 4 anni

Non conosco il dottore Nanni Russo se non per averne scritto nelle occasioni in cui è stato chiamato in causa dalle indagini, non sono un suo amico né un suo familiare. Premessa iniziale per spazzare via ogni allusione dietrologica, indispensabile alla ricostruzione di una storia che in questi giorni è stata alimentata dall'intervento di Fulvio Martusciello, uno dei coordinatori a Benevento di Forza Italia, il partito del quale Russo è consigliere comunale dal 2016. Ha chiesto al sindaco Mastella di “affrontare insieme il caso Russo, chiedendogli di dimettersi”.

A meno che l'azzurro non abbia informazioni riservate, a noi sconosciute, che lo inducono a lanciare l'allarme, immagino che sia sceso in campo per questioni di opportunità, legandole al contenuto delle telefonate intercorse nel 2016, e già note, tra il professionista e alcuni componenti la famiglia Sparandeo. Perfetto: il tema scivoloso delle relazioni tra gli Sparandeo ed il mondo della politica, perennemente a caccia di consenso, non è certo una novità, e si accompagna a quello del possibile condizionamento del voto. Ma perchè sollevare il “caso” solo nel giugno 2020 e non nell'estate 2016? Sono trascorsi quattro anni: non è un tantino in ritardo? E allora sarà il caso di ripercorrerla nuovamente, questa vicenda, partendo dall'inizio.

Giugno 2016: Clemente Mastella si afferma come nuovo sindaco di Benevento, tra gli eletti c'è Nanni Russo. Il suo nome rimbalza all'onore delle cronache a luglio, quando Ottopagine racconta le perquisizioni disposte dalla Procura di Roma nei confronti del professionista, appena approdato a Palazzo Mosti, e del sostituto procuratore Giacomo Iannella. Per entrambi l'ipotesi di reato di corruzione in atti giudiziari, prospettata in relazione alla presunta esistenza di un accordo per interferire con l'attività giudiziaria, relativamente ad alcuni procedimenti, a carico di altri, pendenti presso il Tribunale di Benevento.

Un'indagine poi archiviata dal Gip, su richiesta della Procura capitolina, perchè non supportata da elementi concreti, indicativi e sufficienti, che rappresenta un troncone, spedito a Roma per competenza, di una inchiesta avviata dal sostituto procuratore di Benevento Assunta Tillo. E' centrata – scrivemmo – “su una ipotesi di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, addebitata a Russo e ad altri per il contenuto di alcuni colloqui con alcuni familiari degli Sparandeo ai quali avrebbe espresso il suo disappunto per il mancato sostegno, nonostante la sua disponibilità nei loro confronti, alle ultime amministrative. L'inchiesta non sortisce effetti, le intercettazioni confluiscono in un fascicolo della Dda sul clan Sparandeo.

Trascorrono oltre tre anni e mezzo, il 14 gennaio 2020 la città si sveglia con la notizia di un blitz contro il clan, con nove arresti ed un divieto di dimora disposti dal Gip di Napoli, su richiesta della Dda, per associazione per delinquere di stampo camorristico, finalizzata allo spaccio di stupefacenti, estorsione. I destinatari delle misure sono vecchie conoscenze delle cronache giudiziarie, non è la prima volta che gli inquirenti si occupano di loro.

Sembra un'operazione come tante, che stavolta però si porta dietro una ordinanza nella quale il Gip inserisce alcune conversazioni dalle quali sarebbero emersi – aveva scritto- “fatti per i quali non sono state formulate delle specifiche contestazioni di reato, ma ritenute “rilevanti perchè dimostrerebbero il presunto “tentativo di inquinare il voto” da parte di Corrado Sparandeo, 64 anni, indicato come presidente di un comitato elettorale di sostegno alla lista Alleanza riformista, in campo alle elezioni comunali di Benevento del 2016.

Sparandeo viene accreditato come dispensatore di promesse di voti con riflessi bipartisan. Avrebbe “sponsorizzato diversi candidati, indipendentemente dal partito di appartenenza, veicolando i voti in loro favore”, e in questo modo avrebbe rafforzato “i legami con esponenti del mondo imprenditoriale locale nonchè della politica”.

Nessuna contestazione e, dunque, nessun indagato tra gli interlocutori politici, tra i quali Russo, ascoltati all'epoca: un dato ribadito anche pochi giorni fa, con l'avviso di conclusione dell'inchiesta che ha riguardato solo le dieci persone coinvolte inizialmente. Eppure, sia a gennaio, sia adesso, non sono mancate le polemiche e le prese di posizione.

Peccato siano a scoppio ritardato: fossero divampate nel 2016, come reazioni ai colloqui registrati, sarebbero state comprensibili e legittime. Dopo quattro anni in cui Russo è stato al suo posto in Consiglio, mentre era doppiamente indagato, lo sono meno ora che indagato non è.