Fuori dal coroil commento di Enzo Spiezia

Quell'ultima carezza non data ad un papà: amico, scusami

Il dolore per la perdita di un genitore

quell ultima carezza non data ad un papa amico scusami

Un amico che non vedevo da alcune settimane. Sapevo che aveva combattuto e vinto la battaglia contro il Covid, che si era però portato via suo padre. L'ho incrociato nelle scorse ore, è stato un piacere incontrarlo nuovamente. Gli ho chiesto come stesse, mi ha risposto che si era ripreso. Bene, ho replicato. E mentre lo fissavo, mi sono detto che avrei fatto meglio a starmene in silenzio. Perchè nel suo sguardo era riflesso il dolore, lo stesso che hanno provato in quest'anno i familiari delle oltre 85mila vittime di una maledetta pandemia.

“Non abbiamo potuto neanche salutarlo per l'ultima volta”, mi ha detto con una tenerezza che non avrei mai voluto percepire. Sarebbe semplice sostenere che lo capivo: in fondo, i lutti colpiscono tutti. Ma non è così, perchè la ferita della scomparsa di un genitore, già normalmente complicata, rischia nel suo caso la suppurazione perchè tarda a rimarginarsi. Può infettarsi di un dolore tremendo che il tempo può lenire soltanto ma non eliminare.

In che modo? Azionando la leva della memoria, quella che rimanda ai momenti belli, condivisi, agli abbracci soffocanti che tanto ci mancano. Alle complicità che esistono tra un papà ed un figlio, ai rimbrotti ricevuti, alle gioie provocate, ai cuori che battono all'unisono per un traguardo raggiunto, all'emozione per la nascita di tuo figlio, suo nipote. Quando se ne vanno per sempre coloro che ti hanno messo al mondo e fatto crescere, assicurandoti un futuro, la lacerazione è enorme. Ci si sente più soli, ancora più soli.

Il tempo a disposizione sembra sempre di meno, ci si interroga sulle cose fatte e su quelle che dovevano esserlo e invece sono rimaste solo un'intenzione. In quei momenti avresti bisogno che ti parlassero ancora, che ti incoraggiassero come sempre a non mollare e ad andare avanti, ma non è possibile. La morte mette a nudo le nostre fragilità e le esalta, si prova a fare i forti carezzando ancora quei volti prima che diventino inespressivi all'improvviso, a toccare quelle mani che mai, fino al distacco, sono fredde.

Trasmettono emozione, amore infinito e senza condizioni, continuano a farlo anche prima di non muoversi più. Ecco perchè è dolcissimo stringerle fino all'ultimo secondo di vita, ecco perchè non averlo potuto fare rende ancora più drammatica la sorte di quanti hanno avuto la sfortuna di non aver più visto i loro cari. Sono stati travolti da un destino assurdo, dio solo sa quante volte torneranno alla mente le immagini di quei giorni, l'ansia e la paura provate, l'angoscia. Bene un corno, amico mio: scusami.