La partita di ieri pomeriggio contro il Bari può essere divisa in due fasi: un primo tempo praticamente regalato all’avversario in virtù di un atteggiamento tattico remissivo e rinunciatario, una ripresa almeno per 25 minuti assai positiva e che ha lasciato intravedere cose molto interessanti lasciando spazio, però, ad un interrogativo di impossibile risoluzione: come sarebbe potuta andare a finire la gara se la Salernitana avesse iniziato con la stessa formazione proposta nei secondi 45 minuti? Difficile dirlo e forse Colantuono l’aveva preparata proprio così, preferendo attendere e chiudersi per la prima parte del match per poi sfruttare gli spazi con il passare dei minuti attuando un rapido contropiede grazie alle caratteristiche dei subentranti. Contro un Bari tutto fumo e poco arrosto, però, forse era meglio giocarsela dall’inizio senza timore reverenziale, ricordando che ad Empoli- pur tenendo bene il campo- si era chiusa la gara con un poco invidiabile zero nella tabella dei tiri in porta effettuati. L’iniziale 4-5-1 della Salernitana è apparso da subito prevedibile e scarsamente dedito alla fase offensiva: Casasola, Vitale, Monaco e Tuia erano bloccati dietro e non hanno mai varcato la linea di metà campo, Signorelli, Minala e Odjer hanno faticato in entrambe le fasi prestando il fianco alle azioni palla a terra dei padroni di casa, Di Roberto e Kiyine erano praticamente due esterni difensivi aggiunti che si abbassavano sulla linea mediana per toccar palla, il solo Palombi in avanti non aveva piedi, fisico ed esperienza per fare reparto da solo, caratteristiche proprie ad Alessandro Rossi che però è stato lasciato in panchina insieme a Sprocati, uno dei pochi elementi davvero di qualità.
Il 4-3-3 del Bari era piuttosto scolastico: fraseggio in verticale fino alla trequarti, sponda sull’esterno della punta centrale e cross a tagliare l’area verso il palo opposto, azione classica del repertorio di Grosso disinnescata con bravura dai granata. Il primo tempo, come detto, era tutto a favore dei padroni di casa e l’errore tattico era tutto nella posizione di Signorelli che, come spesso accaduto quest’anno, non ha conferito qualità alla manovra né supportato la fase difensiva sembrando quasi un pesce fuor d’acqua. Proprio dalla zona di sua competenza i giocatori del Bari passavano a piacimento sfornando traversoni a ripetizione, una lacuna che costringeva Odjer e Minala ad abbassarsi moltissimo e Tuia ad uscire in copertura preventiva e in raddoppio con conseguente ricorso ai lanci lunghi nella terra di nessuno. Eppure, con tutti i suoi limiti, la Salernitana andava sotto soltanto per una beffarda autorete, tutto nato da un’azione insistita di Improta che non veniva chiuso adeguatamente dalla retroguardia granata. Per 10 minuti i galletti sono stati padroni del campo mentre la Salernitana teneva il baricentro bassissimo come ad aspettare la fine del primo tempo per riorganizzare le idee. Tatticamente la difficoltà principale era quella di trasformare l’azione da difensiva ad offensiva, con innumerevoli errori in fase di appoggio, Palombi che non dettava la profondità e due terzini bloccatissimi.
Nella ripresa la metamorfosi: 4-3-1-2, con Kiyine mezz’ala e Rosina alle spalle di Rossi e Palombi. L’ingresso del fantasista e dell’attaccante scuola Lazio rivitalizzava una Salernitana brava, finalmente, a verticalizzare e a proporsi con continuità nell’area di rigore avversaria, con tre potenziali chance in 10 minuti preludio al meritato pareggio siglato da Tuia. Per quindici minuti gli ospiti erano padroni del campo e palleggiavano a piacimento, passando da destra a sinistra con disinvoltura come piace a Colantuono, ritrovando la cattiveria agonistica necessaria e sfiorando addirittura il raddoppio in due circostanze; peccato che Palombi e Rossi sbagliassero il controllo negli ultimi 16 metri invalidando la giocata intelligente di Minala. Grosso, in evidente difficoltà, ricorreva al solito copione tattico: prima un centrocampista di quantità per un attaccante, poi Brienza per un esterno offensivo per l’assalto finale, mossa che permetteva al Bari di conquistare metri in mezzo al campo pur senza costruire nulla e restando nell’ambito delle giocate individuali senza un filo logico. A quel punto Colantuono ha preferito guardarsi la pagnotta e prendersi il punto: dentro Schiavi, fuori Palombi e passaggio al 5-3-1-1, con Rosina tra le linee e Rossi a sgomitare per trovare spazi. Un 1-1 prezioso, un altro pari su un campo prestigioso dopo i segni X di Frosinone e Parma. Peccato per il primo tempo e per una formazione iniziale poco convincente, ma i cambi nella ripresa hanno permesso ai granata di chiudere il match con un risultato fondamentale.
Gaetano Ferraiuolo
