Da stasera una grande programmazione per i 7mila dell'Arechi

Lo zoccolo duro merita grandi traguardi, ma è fondamentale riconquistare anche chi non viene più

Salerno.  

La vittoria di oggi, ottenuta senza brillare contro un buon Brescia, ha restituito serenità a tutto l'ambiente ed è stata accompagnata da un parere praticamente unanime: bisogna costruire una grande Salernitana sin da oggi. La sconfitta patita in casa contro l’ottimo Cittadella la settimana scorsa, tuttavia, ha lasciato in eredità una serie di insegnamenti che potranno tornare molto utili per programmare il futuro: si può costruire una rosa competitiva senza fare spese folli e si deve ambire al massimo anche se sugli spalti il seguito è alquanto esiguo. Quando Venturato ha anteposto il rammarico per il mancato conseguimento della promozione diretta alla soddisfazione per il piazzamento play off ormai consolidato ha lanciato un messaggio indiretto anche alla società di Lotito e Mezzaroma che, dopo aver spadroneggiato a suon di investimenti nelle categorie inferiori, da tre anni a questa parte non è riuscita per tanti motivi a riconfermarsi a certi livelli anche in cadetteria. L’attuale campionato- che rischia di chiudersi in modo piuttosto anonimo- potrà essere un fondamentale punto di ripartenza qualora si decidesse per davvero di alzare l’asticella e di presentare alla città e alla tifoseria una programmazione ambiziosa, lungimirante e che punti, stavolta, a qualcosa in più di una tranquilla salvezza che non sta entusiasmando nessuno.

Fino a gennaio qualcuno aveva sperato di sognare in grande, forse sopravvalutando il valore di una rosa che sembrava più forte di quanto non fosse per quelle rimonte faraoniche condite da tanto carattere, ma che celavano limiti non colmati nel mercato di gennaio. Purtroppo molti degli innesti estivi non hanno reso in base alle aspettative, Bocalon e Rossi non sono Coda e Donnarumma, Radunovic ha fatto rimpiangere Gomis e chi doveva fare la differenza è incappato in qualche infortunio di grave entità come Orlando, ormai fermo da metà luglio. Da questa stagione ci sarà tanto da imparare per evitare una quarta annata altalenante, in cui solo derby e partite di cartello infiammeranno un pubblico sempre più distante dalla squadra del cuore, in contestazione con la società, insoddisfatto del mercato condotto in inverno e pronto a disertare in massa se non ci sarà una netta inversione di tendenza a 360°. Nell’anno del centenario, del resto, il margine di errore è minimo e il silenzio assordante della curva non può restare inascoltato. Se anche gli ultras e lo zoccolo duro si allontaneranno dagli spalti il rischio concreto è quello di trasformare l’Arechi in una cattedrale nel deserto e non in quello stadio ribollente di tifo e di passione che, pur con qualche pretesa di troppo, ha comunque manifestato a Lotito quell’affetto che a Roma è mancato per 10 anni pur in presenza di risultati assai prestigiosi.

Oltre ad una squadra forte da mettere a disposizione di un allenatore esperto e competente (Colantuono può essere una garanzia, contrattualmente è blindato, ma non ha convinto in pieno e nei numeri ha perso il confronto con il suo predecessore) ci sarà da occuparsi di tanti altri aspetti non meno importanti e che la società sicuramente tiene in grande considerazione: dall’allestimento di un grandissimo settore giovanile (in modo da valorizzare i propri giovani e non solo quelli della Lazio) ad una campagna marketing convincente passando per le infrastrutture e una strategia comunicativa che sia coinvolgente e che permetta ai tifosi e a tutti i cittadini di vivere la passione per la Salernitana 365 giorni all’anno e non solo quando si tratta di pagare i soldi per il biglietto. La stagione 2018-19 sarà quella della verità, un bivio dal quale non si potrà scappare: continuare a preservare la categoria in nome di uno sguardo al bilancio che male non fa di questi tempi o mettere risorsi ingenti a disposizione del ds per costruire con intelligenza e calciatori importanti una Salernitana da ottavo posto in su? Sarebbe il riconoscimento dovuto ad una piazza che, con i 12mila della D e i 22 della Lega Pro, ha dimostrato di essere pronta a rispondere alla grande dentro e fuori in presenza di un obiettivo concreto da centrare.

Riconoscimento dovuto anche a due presidenti che, checché se ne dica, di soldi ne hanno tirati fuori tanti, che hanno compiuto un miracolo sportivo, che hanno voglia di crescere ancora e che sarebbero i primi, sotto ogni aspetto, a trarre beneficio dalla promozione in serie A, obiettivo dichiarato sin dalla prima conferenza al Comune in una calda mattina del 26 luglio 2011. Pensare che vogliano restare in B a vita è diventato quasi stucchevole, anzi andrebbe apprezzata una società che prima del grande salto vuole porre le basi giuste per restarci e non per scendere immediatamente come accaduto nei due anni di storia precedente. Partendo anche da quanto di buono fatto quest'anno (e ci sono giocatori che possono fare la differenza in una rosa a vincere) e ricordando che realizzare plusvalenze, di questi tempi, è un merito dirigenziale non di poco conto.

Ora c’è da portare a casa una salvezza, piccolo passo indietro rispetto al progetto triennale annunciato pubblicamente dai presidenti il giorno dopo la promozione col Barletta. Sulla tabella di marcia c’è scritto “ritardo” e forse per la prima volta sono i tifosi ad essere in credito con la proprietà. Palla, dunque, a Lotito e Mezzaroma, affinché le indiscutibili competenze e potenzialità economiche a disposizione possano coniugarsi con un programma importante e che miri anzitutto a riconquistare la gente prima ancora che la massima categoria.

Gaetano Ferraiuolo