2017-18, cala il sipario: si riapra con nuove ambizioni

Ripartire dai modelli Bergamo e Udine per una grande Salernitana. Mai più un Arechi così vuoto

Salerno.  

Ancora 270 minuti e calerà il sipario sulla stagione 2018-19, decisamente più anonima, ma allo stesso tempo meno sofferta rispetto a quelle passate. Dalla salvezza tramite play out contro il Lanciano al sogno play off cullato per due mesi si è passati ad un'annata particolare, ricca di alti e bassi e di contraddizioni: dalla falsa partenza ai 12 risultati consecutivi passando per il cambio di guida tecnica, le voci- mai confermate- sull'esonero di Colantuono, i trionfi nei derby, le rimonte da brividi e un ottavo posto nemmeno sfiorato da dicembre in poi. Era stato promesso un progetto triennale, per tanti motivi la società non è riuscita a restare in linea con i programmi, ma c'è un'estate intera per “farsi perdonare”, ripartendo dalle cose buone ereditate da questa stagione e ricordando che, nell'anno del centenario, il pubblico si aspetta almeno di tornare a sognare e ad emozionarsi come forse in questo campionato è accaduto soltanto contro l'Avellino. In attesa di archiviare la pratica contro l'Entella (e sarà doveroso non regalare nulla a nessuno anche nelle due gare successive), domani c'è un dato inequivocabile che dovrà rappresentare il primo argomento di discussione quando ds e proprietà si ritroveranno intorno ad un tavolo per programmare il futuro: la fuga dall'Arechi. Lo stadio vuoto, il disinteresse generale, i circa 1000 biglietti venduti, la diserzione annunciata da decine e decine di abbonati preoccupano più dei gol sbagliati da Bocalon, della possibile partenza di Sprocati e dei tanti gol subiti: il primo passo deve essere quello di incentivare il pubblico, di mettere in campo qualsivoglia iniziativa per riconquistare le nuove generazioni e per fare in modo che la Salernitana sia amata a prescindere dal risultato.

Ricordate la stagione 2010-11? Quella squadra ancora oggi è tra quelle più esaltate della storia pur non avendo vinto nulla perchè, senza società, i calciatori vivevano tra la gente, onoravano la maglia, ci si trascinava a vicenda e per poco non si riusciva nell'impresa di andare in B malgrado il -6, gli stipendi non pagati e le collette per far mangiare i calciatori più giovani. Oggi che c'è una proprietà solida Salerno ha il diritto di sognare, magari accantonando quel falso mito “multiproprietà” che rappresenta l'alibi di stagione per chi, forse, non ha capito quanto la serie A valorizzerebbe l'investimento di due imprenditori. La prossima B sarà una sorta di A2 e Lotito e Mezzaroma sanno bene che non si può più sbagliare: la Salernitana non è obbligata a vincere- la gente non chiede questo- ma dovrà provarci, perchè i conti sono a posto, il bilancio è in attivo e tre anni bastano per assestarsi dopo i trionfi e gli investimenti faraonici del passato che non vanno comunque dimenticati e sottovalutati. Salerno ha tutto per vivere un sogno, del resto ci sono realtà meno prestigiose (Bergamo, Udine, Crotone, tanto per fare degli esempi) che da lustri stanno facendo calcio con intelligenza e che potrebbero rappresentare un modello da seguire. Con il vantaggio che l'Arechi, a differenza di molti altri stadi italiani, con un progetto giusto sarebbe davvero una miniera d'oro in termini di incassi e di punti. Mai più, dunque, un finale anonimo, mai più gradoni vuoti in tutti i settori quasi come fosse un'amichevole estiva: domani, per chi ama la Salernitana, sarà una giornata triste e anomala anche se dovesse arrivare la salvezza aritmetica. Che non era l'obiettivo dichiarato, certo, ma che non va certo buttata via dopo essere ripartiti dal nulla appena 7 anni fa..

Gaetano Ferraiuolo